Niente di nuovo sul fronte delle cave
Verona, 21 novembre 2013
COMUNICATO STAMPA
Niente di nuovo sul fronte delle cave
Ennesimo “condono” per i cavatori
Legambiente: “Regione mancante degli adeguati strumenti pianificatori”
Ha il sapore di un condono ex post la nuova proposta di legge sulle attività estrattive, che ha l’obiettivo di mandare in pensione la vecchia legge Regionale n. 44/82, buona, nei principi, ma mai utilizzata con efficacia dalle Giunte succedutesi negli ultimi trent’anni.
La nuova legge sembra legittimare qualsiasi attività di cava a prescindere dall’assenza dello strumento base del settore: il Piano Regionale per le Attività di Cava (PRAC).
“La Regione Veneto – spiega Gigi Lazzaro, Presidente di Legambiente Veneto – non ha mai promulgato il Piano, autorizzando per oltre trent’anni attività estrattive, fortemente impattanti su suolo e paesaggio, sottostando ai settori forti dell’economia veneta, caratterizzati prevalentemente da edilizia e infrastrutture, fortemente voluti e perseguiti dalla stessa politica regionale. In un momento di pesante crisi come quello attuale, sembra quasi si voglia sancire per legge il rilancio di un settore altrimenti destinato alla chiusura”.
Dati alla mano, le quantità di materiali estratti negli ultimi anni e non utilizzati a causa della contrazione economica, potrebbero bastare a soddisfare i fabbisogni per i prossimi vent’anni.
Infatti, dai dati messi a disposizione dalla Regione Veneto, risaltano i quantitativi residui autorizzati e/o disponibili in relazione con l’andamento dei consumi, dai picchi degli anni novanta fino al marcato calo generale degli ultimi anni.
In Veneto, nelle oltre 600 cave attive, di cui poco più della metà per il prelievo di sabbie, ghiaie, argille e materiali per le costruzioni, nel 2008 erano ancora disponibili 195 milioni di mc di materiali residui; nel 2011 la disponibilità autorizzata era di 121 milioni di mc relativi solamente a sabbia, ghiaia, calcari e detriti (dossier della Regione Veneto allegato alla Pdl 284, 2011).
I consumi medi veneti – dagli anni novanta al 2006 – si attestavano mediamente sotto i 9 milioni di mc/anno, periodo di massima attività edilizia e infrastrutturale che non ha paragoni nelle altre regioni italiane: dai dati Istat 2010 si ricava che nel nord-est, dal 1995 al 2007, i valori medi annui autorizzati di nuova edificazione sono stati di 8 mc/ab/anno contro i 4,9 mc/ab/anno del nord-ovest, con una media nazionale di 4,5 mc/ab/anno). Questi stessi consumi, negli ultimi anni, sono crollati fino a 5,4 milioni di mc nel 2010 per le sabbie e ghiaie. Non diversa sorte hanno avuto le altre geo-risorse, con cali fino al 70% .
“E’ evidente – continua Lazzaro – che i materiali disponibili sono sufficienti a mantenere il trend edificatorio per i prossimi 10/15 anni, senza tener conto dell’impiego, auspicabile, di materiali derivanti dal riciclo di materiali inerti e non dimenticando che i ritmi veneti sono vergognosamente e inutilmente elevati”.
Ma la nuova Proposta di Legge si occupa anche delle cave “minori”, classificate di “gruppo B” (marmo, pietre ornamentali, trachite, quarzo …), che compongono oltre il 50% del totale, con volumi pari al 4,5% del materiale estratto in Veneto. Queste, ubicate prevalentemente in ambiti collinari e montani, hanno spesso un impatto sul territorio più marcato rispetto alle cave maggiori ma, ciononostante, non sono mai state realmente gestite dalla Regione che vuole delegarne la pianificazione e il controllo agli Enti Locali. Per il resto, si sono fatti timidi passi in avanti sul tema della ricomposizione ambientale ad esaurimento delle cave e sul recupero del materiale inerte, ma sono foglie di fico che nascondono una disordinata e inconcludente gestione delle attività estrattive e del suolo veneto.
“La situazione di totale confusione e disorganizzazione – commenta Lorenzo Albi, Presidente di Legambiente Verona -, mantenuta in essere dalla stessa Regione che, in barba alle regole, non ha mai approvato il PRAC, e in assenza di controlli e vigilanza sul settore a causa di non chiaramente esplicitate responsabilità, ha prodotto gli scempi che sono sotto gli occhi di tutti. La proposta del Pdlr, che fonda il suo costrutto nel dividere le competenze per la gestione dei vari materiali secondo il principio di sussidiarietà, trascura colpevolmente quanto accaduto fino ad oggi”.
Secondo l’associazione ambientalista, ciò che emerge è uno scorretto concetto di uso del suolo e un convinto, quanto improbabile, rilancio dell’economia veneta attraverso nuove opere edilizie e infrastrutture.
“Le esperienze positive che vengono da altre regioni e da altri Paesi – continua Albi – si fondano su una visione unitaria e condivisa delle funzioni degli stessi suoli, promuovendo ed attuando dei sistemi di piano che li valorizzino e concentrino le attività più impattanti e a rischio. Al contrario – spiega – la Giunta Regionale pretende mano libera per sé riguardo i materiali economicamente più interessanti, liberandosi contemporaneamente della responsabilità di scempi sul paesaggio e risolvendo il gap dei finanziamenti agli enti locali, i quali saranno liberi di autorizzare ogni richiesta a prescindere da una programmazione che non c’è e che non si vuole affatto, o perlopiù la si immagina parcellizzata e frammentata e libera da vincoli imposti da soggetti controllori terzi”.
La ricetta di Legambiente per una profonda innovazione del settore passa attraverso la riduzione del prelievo da cava e il recupero degli inerti provenienti da demolizioni, oggi ancora poco praticato e generalmente considerati rifiuti da conferire in discarica. Occorre inoltre aumentare i canoni di concessione, prendendo come esempio la Gran Bretagna, ove lo Stato incassa il 20% del prezzo di vendita. In questo modo, gli introiti della Regione Veneto e dei comuni passerebbero dagli attuali 4,35 milioni di euro agli oltre 21 milioni per le sole attività estrattive relative a sabbia e ghiaia.
“Quello delle cave – prosegue Lazzaro – deve diventare un argomento chiave su cui ragionare delle trasformazioni complessive che si stanno verificando nel nostro Paese, in particolare in Veneto, evitando che il settore diventi fonte di reddito per attività non propriamente trasparenti. E se, ad oggi, abbiamo visto i principali soggetti del settore ragionare come se sabbia, ghiaia e marmi fossero una risorsa illimitata e facilmente reperibile, nel prossimo futuro dovranno prevalere le ragioni dell’innovazione, dell’occupazione e del rispetto per l’ambiente”.
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