Dossier Legambiente “Rifiuti Spa 2012″
Dieci anni di inchieste sui traffici illegali di rifiuti.
I risultati raggiunti e le proposte per un nuovo sistema di tutela dell’ambiente.
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Premessa
Sono passati esattamente dieci anni dalla prima ordinanza di custodia cautelare emessa per traffico
illegale di rifiuti nel nostro Paese. Era il 13 febbraio del 2002 e a farla scattare fu l’operazione
Greenland, coordinata dalla Procura della Repubblica di Spoleto e condotta dal Comando Tutela
Ambiente dell’Arma dei Carabinieri. Oggi, le inchieste sviluppate grazie al delitto di “attività
organizzate per il traffico illecito di rifiuti” (art. 260 del Dlgs 152/2006, ex art. 53 bis del decreto
Ronchi) sono diventate 191 e le ordinanze di custodia cautelare 1.199. Le Procure che hanno
indagato sono diventate 85, nelle inchieste hanno operato tutte le forze dell’ordine, dal Corpo
forestale dello Stato alla Guardia di Finanza, dalla Polizia di Stato alla Direzione investigativa
antimafia fino alle Capitanerie di porto e all’Agenzia delle Dogane. Numeri e risultati importanti,
che hanno consentito di svelare scenari inediti e di “fotografare” un fenomeno, quello dei traffici
illegali nel nostro Paese e su scala internazionale (22 gli Stati esteri coinvolti), che rappresenta
un’autentica minaccia per l’ambiente, la salute dei cittadini, l’economia. Basti pensare al fatto che
le aziende coinvolte nelle indagini sono state ben 666, con 3.348 persone denunciate. E che in un
solo anno, il 2010, sono state sequestrate oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi
gestiti illegalmente. Si tratta della punta, relativa ad appena 12 inchieste su 30, di una vera e propria
“montagna di veleni”. I numeri diventano ancora più impressionanti estendendo la rilevazione agli
ultimi dieci anni: in 89 indagini su 191, cioè meno della metà di quelle effettuate, le forze
dell’ordine hanno sequestrato più di 13 milioni e 100 mila tonnellate di rifiuti: una strada di
1.123.512 tir, lunga più di 7 mila chilometri, (l’intera rete autostradale italiana ne misura 7.120).
Da capogiro anche il volume di affari stimato da Legambiente: 3,3 miliardi di euro nel solo 2010 e
ben 43 miliardi negli ultimi dieci anni.
Di questa realtà criminale oggi conosciamo dimensioni e caratteristiche, modalità operative e
relazioni. Una conoscenza fondamentale per prevenire e contrastare meglio le attività di chi
accumula rilevanti profitti grazie alla gestione illecita del ciclo dei rifiuti: dagli ecomafiosi doc ai
colletti bianchi. Questo risultato è stato ottenuto grazie all’introduzione di un delitto con sanzioni
adeguate e la possibilità di usufruire di efficaci strumenti d’indagine, come le intercettazioni
telefoniche e ambientali. E che grazie a successivi interventi normativi è stato ulteriormente
rafforzato. Dal 2010, infatti, la competenza ad indagare è passata dalle procure ordinarie alle
Direzioni distrettuali antimafia. Un passaggio di competenze che, oltre a dotare la Direzione
nazionale antimafia di nuove e preziose informazioni in merito a personaggi e aziende coinvolte, ha
raddoppiato i termini di prescrizione, risolvendo alla radice il rischio di prescrizione, per lo meno
per quelle più complesse, visti soprattutto i tempi lunghi della giustizia in Italia. Altre modifiche
devono essere ancora introdotte per il pieno ed effettivo riconoscimento della particolare
pericolosità di questo delitto, come il passaggio da 6 a 12 mesi dei termini previsti per le indagini
preliminari e la previsione dei sufficienti indizi di reato, invece che gravi com’è ancora oggi, per far
scattare l’uso delle intercettazioni. Ma non c’è dubbio che nel contrasto ai traffici illegali di rifiuti il
nostro Paese ha rappresentato in questi dieci anni, sia dal punto di vista normativo che operativo,
una punta avanzata in Europa e a livello internazionale.