Presentazione Rapporto Ecomafia 2012 Venezia e il Veneto tra ecomafie e nuovi scenari di convivenza tra società e ambiente
Venezia 6 luglio 2012
I recenti arresti di noti imprenditori veneti per fatti riguardanti la
gestione dei rifiuti hanno acceso i riflettori su un fenomeno – la
criminalità ambientale più o meno intrecciata alle organizzazioni
criminali storiche – che non conosce sosta anche se cambia fisionomia
e dinamiche.
Il convegno di presentazione del Rapporto Ecomafie 2012 a Venezia ha
l’obiettivo di fare il punto – con l’aiuto di investigatori e di
analisti del settore – e tracciare un identikit della criminalità
ambientale e, soprattutto dei suoi pericolosi legami ed alleanze.
Alcune considerazioni di sintesi emerse dal Rapporto 2012 riguardanti il Veneto:
Nel settore dell’illegalità riguardante la gestione dei rifiuti è bene
porre l’attenzione, così come segnalato nel Rapporto e confermato
dalle recenti inchieste sugli interessi di settori dell’imprenditoria
locale a stipulare alleanze con organizzazioni criminali. Non siamo
infatti di fronte ad una gestione diretta e “rumorosa” del ciclo
illegale dei rifiuti – caratteristica del modus operandi in altri
contesti – ma per un più accorto reinvestimento del denaro sporco nel
settore, attraverso l’acquisizione di ditte impegnate nella gestione
legale dei rifiuti. Come evidenziato dagli ultimi clamorosi arresti,
sembra interessato al livello finanziario – con il suo corollario di
evasione ed elusione fiscale – legata alla gestione dei rifiuti. Come
abbiamo segnalato nel rapporto «Il rischio è che i capitali mafiosi
possano mimetizzarsi nel tessuto economico e imprenditoriale, uno dei
più dinamici d’Italia, facendo perdere le tracce. Oppure che solidi
rapporti d’affari, legali e illegali, possano instaurarsi con
personaggi legati a filo doppio con i clan». I legami con
l’imprenditoria possono diventare pericolosi lasciapassare, per le
organizzazioni criminali, per il coinvolgimento e l’alleanza con
esponenti della politica veneta.
Il Veneto possiede anche le risorse sociali e istituzionali per
contrastare le ecomafie: il procedimento – processo nato a seguito
della mega inchiesta denominata Houdinì – che ha visto coinvolte la
Nuova Esa di Marcon, Ecoveneta e Servizi costieri di Marghera si è
concluso, negli scorsi mesi, in Cassazione con la condanna definitiva
degli organizzatori del traffico illecito dei rifiuti. Così come è
stato possibile avviare l’inchiesta per il presunto smaltimento di
rifiuti nel sottofondo stradale della Valdastico Sud, grazie alle
puntuali denunce portate avanti da cittadini e associazioni. Allo
stesso modo il settimo posto «conquistato» della Provincia di Venezia
per illeciti nel campo dei rifiuti, non fa che testimoniare l’ottimo
lavoro svolto degli investigatori in questo campo.
Occhi aperti anche sui traffici internazionali: il Veneto, e Venezia
in particolare, gioca un ruolo di snodo nei traffici che portano a
oriente. «Anche nel 2011, così come negli anni scorsi, il polo
geografico di destinazione di maggiore importanza – scrive Giovanni
Bocchi direttore dell’Ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle
dogane nel suo contributo al Rapporto -, per le spedizioni risultate
irregolari risulta essere la Repubblica popolare Cinese, per tutti i
settori merceologici ad alto rischio».
Nel Rapporto viene citato, a titolo esemplificativo, l’operazione
svolta, nell’aprile del 2011, dalla Guardia costiera nel porto di
Chioggia (Ve) che ha portato al fermo di una nave, battente bandiera
russa, che è dovuta ripartire senza poter sbarcare un carico di
rifiuti ferrosi e di plastica contaminati anche da solventi e
carburanti.
Il ciclo del cemento rappresenta un settore fondamentale della
criminalità ambientale: per quanto riguarda gli illeciti è da
segnalare l’incremento in valori assoluti del Veneto (164 illeciti
contro i 130 del 2010), che scala quattro posizioni (dal sedicesimo al
dodicesimo posto). Nella Regione in cui l’11% del suolo risulta
urbanizzato [media nazionale 7,6%] a muovere betoniere ci sono anche
interessi e capitali sospetti come documentano gli ormai numerosi casi
di imprese edili legate alle organizzazioni criminali. Le
preoccupazioni riguardano in particolare il litorale del Veneto
orientale e del veronese. se ne ha una conferma “indiretta” spulciando
il capitolo dedicato all’Abruzzo della relazione 2011 della Dna, dove
il magistrato Olga Capasso scrive: “Poiché è previsto l’ingresso in
Abruzzo di circa 20.000 imprese entro un determinato termine, è
evidente che il prefetto, per approfondire le situazioni più sospette,
dovrà operare una scelta, seguendo dei criteri purtroppo empirici. È
stata scartata l’idea di fare riferimento alle sedi delle società
prestando maggior attenzione a quelle del Sud, sia perché sarebbe
stato ingiustamente discriminante, sia perché la maggior parte delle
imprese infiltrate da interessi mafiosi hanno spesso sede altrove,
come si è detto prevalentemente a Roma, in Abruzzo, in Veneto e in
Emilia Romagna, almeno per quanto riguarda l’esperienza fin qui
maturata”. Il filo grigio dell’illegalità nel settore delle
costruzioni è comunque la corruzione, diventata vera emergenza
nazionale. Il Veneto non fa eccezione, visto anche qui risulta dalle
indagini addirittura “aumentata in maniera notevolissima”, in un
contesto generale nel quale si registra pure “uno scadimento del senso
della giustizia, dove non si vede il disvalore di questi
comportamenti, quasi tollerati e accettati” come ha sottolineato
Vittorio Rossi presidente vicario della Corte d’appello di Venezia in
occasione della recente inaugurazione dell’anno giudiziario 2012.
Il contrasto alla criminalità ambientale non può essere delegato alle
forze dell’ordine o alla magistratura, ma occorre potenziare il ruolo
regolativo dell’amministrazione pubblica con leggi chiare e una
programmazione stringente nel campo dei rifiuti, dell’urbanistica,
delle cave e del paesaggio. Serve investire nel sistema dei controlli
pubblici: purtroppo l’Arpav, oltre a subire la gestione dissennata
degli ultimi anni, subisce tagli al bilancio [-20% quest’anno].
E’ nelle situazioni dove latita una seria regolazione dell’economia da
parte della politica che i crimini ambientali trovano l’habitat più
confortevole. Tanto per cominciare «occorre ritirare le recenti
delibere regionali in materia di rifiuti che danno il via libera al
conferimento fuori provincia e sopprimono la figura del terzo
controllore per gli impianti di trattamento dei rifiuti senza
potenziare il controllo pubblico, allargando le maglie dei controlli e
rendendo più opaca la gestione dei rifiuti» dichiara Luigi Lazzaro,
presidente di Legambiente Veneto.
Il convegno è organizzato dall’Osservatorio «ambiente e legalità»
promosso da Legambiente e sostenuto dall’Assessorato all’Ambiente del
Comune di Venezia.
L’Osservatorio dopo sei mesi di attività «sperimentale» da settembre
consoliderà il suo lavoro di monitoraggio e di analisi della realtà
veneziana e veneta promuovendo occasioni di riflessione e di
sensibilizzazione e pubblicherà, l’anno prossimo, un rapporto dedicato
esclusivamente al Veneto.