Perché non si ripeta. Vicenza: confronto a tutto campo sul dopo-alluvione
Legambiente:”Ben 161 i comuni veneti a rischio frane o alluvioni, secondo Ecosistema Rischio 2010”
Vicenza è quinta nella classifica regionale con il 18% dei Comuni classificate a rischio.
In che modo è possibile cambiare le logiche programmatiche sul territorio perché non si ripeta una tragedia come quella che ha colpito Vicenza e buona parte della regione Veneto lo scorso novembre? Come non far dipendere i bilanci dei Comuni dalla cementificazione? Quanto si sta facendo per i Comuni alluvionati, va davvero nella giusta direzione? Questi sono solo alcuni dei quesiti che questa mattina hanno aperto il confronto, a bordo della carrozza conferenze del Treno Verde, tra l’assessore all’Edilizia Privata del Comune di Vicenza Pierangelo Cangini e i Vicentini sulla questione post-alluvione.
L’incontro, coordinato da Aldo Prestipino, presidente Legambiente Parco Retrone – FestAmbiente Vicenza, ha toccato un tema molto caro ai vicentini che, a distanza di cinque mesi, pare non vedere ancora soluzioni concrete sulle modalità di intervento territoriale capaci di evitare fatti di una simile portata. Numeri alla mano sono 20.000 i cittadini coinvolti e 4.500 quelli evacuati e tre morti per annegamento in tutta la ragione. Ma non finisce qui: si contano danni per migliaia di imprese con fermo delle attività, una trentina di esondazioni e una ventina di rotture arginali, con un totale di 130 Comuni che ancora stanno contando i danni.
Dopo cinque mesi buona parte del territorio vicentino si ritrova a far fronte ai danni e alla sofferenza dell’alluvione, interventi di altissima priorità, in attesa di risoluzione da decenni, non sono stati fatti nemmeno in seguito agli accadimenti dello scorso novembre. Ma chi è il principale imputato di un’inondazione che Vicenza non si vedeva dal 1966?
“Le alluvioni e gli allagamenti cui il nostro territorio è sottoposto – spiega Aldo Prestipino, presidente Legambiente Parco Retrone – FestAmbiente Vicenza, – sono la diretta conseguenza di scelte compiute dall’uomo: l’abusivismo, l’urbanizzazione delle aree golenali, la cementificazione e la rettificazione dei corsi d’acqua, le escavazioni in alveo sono pratiche non solo del passato ma ancora oggi tristemente attuali. La pioggia cade in ogni parte del territorio e le modalità con cui si convoglia in alveo sono determinate dalla superficie che incontra – continua Prestipino - le trasformazioni che i nostri suoli hanno subito negli ultimi cinquanta anni hanno drasticamente modificato queste modalità che unitamente alla mancanza di manutenzione della rete idraulica e le note criticità hanno fatto collassare il sistema causando l’alluvione. La Regione Veneto, dal canto suo, nell’ultimo Bilancio di previsione approvato ha tagliato rispetto agli anni precedenti gli stanziamenti a tutela del territorio per affrontare il dissesto idrogeologico lasciando oggettivamente il territorio in balia della cementificazione. Questa impostazione è sbagliata, lo era ieri e lo è tanto più oggi: continuare a consumare territorio vuol dire infatti aumentare i rischi legati al dissesto idrogeologico e tagliare le gambe alla tutela e valorizzazione della qualità ambientale come fattore irrinunciabile di uno sviluppo duraturo”.
Anche numeri di Ecosistema Rischio 2010, l’indagine di Legambiente sui Comuni dedicata al rischio idrogeologico, restituiscono l’immagine di un territorio fragile, in cui troppo spesso lo sviluppo urbanistico non ha tenuto adeguatamente conto del rischio. Secondo il dossier di Legambiente sono ben 161 i comuni veneti a rischio frane o alluvioni, ossia il 28% del totale. Tra i 7 capoluoghi veneti, il primato di provincia più fragile va a Venezia, con il 50% delle Amministrazioni classificate a rischio, seguita da Rovigo, Belluno e Verona, rispettivamente con il 42, il 41 e il 33% delle municipalità considerate a rischio. Quinta Vicenza con il 18% dei Comuni classificate a rischio. Il 74% dei comuni ha abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi o in aree a rischio frana, il 29% delle amministrazioni presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 47% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali. All’indagine ha risposto il 61% dei 161 comuni a rischio idrogeologico del Veneto e visto il quadro d’insieme sarebbe importante mantenere alto il livello di attenzione rispetto all’assetto idrogeologico ed è altresì urgente operare per rafforzare i vincoli all’urbanizzazione delle aree esposte a rischio, affinché tali vincoli siano applicati in modo rigoroso.
Dal 1 aprile 2011 sono partiti i cantieri nella provincia di Vicenza, mentre la Giunta Regionale del Veneto ha Commissariato tutte le Autorità d’ambito all’Acqua e ai Rifiuti, immediatamente decomissariati da una legge del Governo. Ma poco, per non dire niente, è stato deciso su come cambiare le logiche programmatiche del territorio e sulle tecniche costruttive dolci. La politica dei tagli agli enti preposti alla manutenzione e salvaguardia della rete idraulica e agli enti impegnati nella gestione del territorio sta producendo i primi risultati: ulteriori costi, quelli per la messa in “sicurezza temporanea”, per i danni e per i risarcimenti, nonché i costi di un’ulteriore ferita del territorio e del patrimonio. Se pure saranno intrapresi gli interventi per la sistemazione della rete idraulica, fin da subito non si potrà prescindere da una politica di buon governo del territorio. E’ poco lungimirante credere che la sicurezza idraulica ed idrogeologica passi unicamente dall’innalzamento degli argini, dall’allargamento degli alvei e dai bacini di laminazione.
Martedì 19 aprile, a bordo del Treno Verde, alle ore 11.00 conferenza stampa finale in cui saranno presentati i risultati del monitoraggio sull’inquinamento atmosferico e acustico di Vicenza, rilevati dal laboratorio mobile dell’istituto sperimentale di RFI e del Treno Verde di Legambiente.
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