Emergenza estrazioni in alveo in Veneto
AAA LA GIUNTA REGIONALE SVENDE LE RISORSE NATURALI DEL VENETO
E affida la prevenzione di frane e alluvioni ai cavatori
Legambiente: “Escavare in alveo arricchisce i cavatori e aumenta il rischio. Sono altre le politiche da mettere in campo per prevenire frane e alluvioni”
La delibera approvata lunedì scorso – commenta Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto- dalla Regione su proposta dell’assessore Giampaolo Bottacin è totalmente inopportuna oltre che anacronistica. Dimezzare i canoni per l’estrazione degli inerti attraverso il falso alibi che le escavazioni in alveo riducono il rischio è una mistificazione della realtà che rischia di avere come effetto non quello di garantire più sicurezza, ma al contrario di impoverire e artificializzare ancor di più i corsi d’acqua e aggravare il rischio sul territorio senza innescare processi e cultura di prevenzione non più rinviabili.
“Scavare in alveo non aiuta a ridurre gli effetti delle piene- insiste Legambiente Veneto – si tratta di misure non solo inutili ma anche controproducenti, visto che non fanno altro che scaricare il rischio più a valle e in più provocano un abbassamento dell’alveo che gradualmente induce scalzamento e crollo di ponti, difese spondali e argini, richiedendo quindi ulteriori interventi e spese per compensare gli effetti negativi che hanno creato. ” Il caso del Piave, denunciato da anni da Legambiente, lo dimostra in maniera evidente. Qui si sono succeduti infatti gli interventi di somma urgenza che hanno utilizzato la ghiaia come contropartita e quindi si è scavato molto e senza un adeguato supporto di studi che ne chiarissero l’utilità o li inquadrassero su scala di bacino. Per questo le escavazioni in alveo da diversi anni sono state vietate da diverse normative regionali e nazionali, salvo essere autorizzate per interventi mirati e giustificati con appositi studi e in seguito a piani di gestione dei sedimenti fluviali.
Il dimezzamento dei canoni per l’estrazione di inerti va inoltre in direzione esattamente opposta a quella auspicata e più volte richiesta anche da Legambiente e supportata dai numeri del settore.
In Veneto, nelle oltre 600 cave attive, di cui poco più della metà per il prelievo di sabbie, ghiaie, argille e materiali per le costruzioni, nel 2008 erano ancora disponibili 195 milioni di mc di materiali residui; nel 2011 la disponibilità autorizzata era di 121 milioni di mc relativi solamente a sabbia, ghiaia, calcari e detriti (dossier della Regione Veneto allegato alla Pdl 284, 2011).
I consumi medi veneti – dagli anni novanta al 2006 – si attestavano mediamente sotto i 9 milioni di mc/anno, periodo di massima attività edilizia e infrastrutturale che non ha paragoni nelle altre regioni italiane: dai dati Istat 2010 si ricava che nel nord-est, dal 1995 al 2007, i valori medi annui autorizzati di nuova edificazione sono stati di 8 mc/ab/anno contro i 4,9 mc/ab/anno del nord-ovest, con una media nazionale di 4,5 mc/ab/anno). Questi stessi consumi, negli ultimi anni, sono crollati fino a 5,4 milioni di mc nel 2010 per le sabbie e ghiaie. Non diversa sorte hanno avuto le altre geo-risorse, con cali fino al 70% .
“E’ evidente – continua Lazzaro – che i materiali disponibili sono sufficienti a mantenere il trend edificatorio per i prossimi 10/15 anni, senza tener conto dell’impiego, auspicabile, di materiali derivanti dal riciclo di materiali inerti e non dimenticando che i ritmi veneti sono vergognosamente e inutilmente elevati. Chiedo quindi all’Assessore Bottacin di spiegarci meglio quale sarebbe questo rilancio dell’economia di cui ha vaneggiato”.
Pensare di riattivare così il mercato del cemento è quindi anacronistico e volerlo fare svendendo le risorse naturali attraverso il dimezzamento di canoni già irrisori, significa solo fare un ulteriore regalo ai cavatori, a danno della collettività, soprattutto se le attività estrattive si conducono nell’alveo dei fiumi. Se si considera poi il peso che interessi economici e la criminalità organizzata (le Ecomafie) hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo delle aree di cava, questa decisione mascherata con i due falsi alibi del rilancio dell’economia e della mitigazione del rischio idrogeologico, è per Legambiente ancora più preoccupante.
“Quello delle cave – conclude Lazzaro – è un argomento chiave su cui ragionare delle trasformazioni complessive che si stanno verificando nel nostro Paese, in particolare in Veneto, evitando di aprire il territorio al saccheggio con il rischio che questo settore diventi fonte di reddito per attività non propriamente trasparenti. Ci auguriamo che la Giunta regionale faccia rapidamente marcia indietro su questa assurda delibera”.