Mal’aria: per battere l’inquinamento in Val Padana occorre affrontare anche le emissioni di agricoltura e allevamenti
Padova, 6 febbraio 2025 Comunicato stampa
Mal’aria: per battere l’inquinamento in Val Padana occorre affrontare anche le emissioni di agricoltura e allevamenti
Lazzaro: “Mentre la polemica impazza tra chi accusa e chi si smarca,
nessuno affronta il tema delle emissioni agricole.
Intanto in campagna stanno per cominciare gli spandimenti di liquami zootecnici: rischio di picchi di inquinamento da metà febbraio”
Qui potete scaricare il Policy brief
Dopo un inizio d’anno piovoso e con pochi picchi di smog, siamo entrati nel periodo critico degli spandimenti dei liquami agricoli: dopo il blocco dei mesi di dicembre e gennaio, infatti, gli allevatori si trovano a dover spandere sui campi vicini i contenuti dei serbatoi stracolmi di liquami. E’ anche per questo che, da diversi anni, il mese di febbraio è quello con i più alti picchi di inquinamento, soprattutto per quanto riguarda il particolato sottile. Una gran parte di esso infatti deriva dai composti dall’ammoniaca, gas che esala soprattutto dai liquami zootecnici. Ciò avviene in una valle del Po che resta una sacca di un inquinamento atmosferico che non lascia tregua. Anche se nel tempo le norme europee hanno elevato gli standard di qualità per le emissioni da industria, trasporto e riscaldamento domestico, consentendo una riduzione dei livelli atmosferici degli inquinanti primari, ovvero quelli immessi direttamente da tubi di scarico e camini, la soluzione del problema è ancora lontana e di certo le regioni Padane non saranno in grado di adeguarsi agli obblighi della nuova direttiva europea sulle concentrazioni di inquinanti, a meno di affrontare anche il nodo delle emissioni che derivano dalle attività agricole e, soprattutto, zootecniche, che vedono concentrarsi nelle quattro regioni settentrionali l’85% dei suini e il 65% di tutti i bovini allevati in Italia, per non parlare di ovaiole e polli da carne, anch’essi concentrati soprattutto tra Veneto e Lombardia..
L’intensità esasperata con cui la pratica dell’allevamento viene condotta in Pianura Padana è la prima causa delle emissioni di ammoniaca e metano, due sostanze che, combinandosi con i gas da traffico, sono precursori l’una della formazione di particolato secondario, responsabile dello smog invernale e l’altro della produzione atmosferica di ozono, da cui dipende la formazione di smog fotochimico nella stagione estiva. I dati sono contenuti in un policy brief (allegato), sviluppato da Legambiente, per sottolineare il peso rilevante dei due gas nel quadro delle emissioni che affligge le quattro regioni del Nord
Lo scopo di Legambiente è quello di sollecitare l’avvio di soluzioni possibili, che sono oggi già disponibili, tecnologicamente mature ed adeguate. “Non si può affrontare il risanamento dell’aria in Pianura Padana senza fare i conti con tutti i settori responsabili di emissioni – dichiara Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto – e a chi richiama il periodo covid sostenendo che tutto era fermo ma le emissioni no, voglio ricordare le uniche attività a non essersi fermate, e per fortuna, sono state proprio quelle agricole e zootecniche con relativo indotto. Invece di perdersi in polemiche tra chi accusa e chi si smarca, occorrerebbe avere il coraggio di affrontare il problema delle emissioni agricole, non più evitabile, come si è fatto e si sta facendo per le altre fonti emissive”. “Chiediamo – prosegue Lazzaro – di includere nella strategia regionale e sovra-regionale per il risanamento dell’aria alcune misure di mitigazione dell’impatto degli allevamenti, come la riduzione progressiva del numero di animali allevati in modo intensivo indicando una densità accettabile in rapporto al territorio, la copertura obbligatoria delle vasche di stoccaggio delle deiezioni e l’interramento immediato dei liquami per limitare le esalazioni di ammoniaca, oltre che di agevolare il ricorso alla digestione anaerobica, in impianti ad alte prestazioni, per trasformare il problema delle emissioni di metano da scarti organici in risorsa energetica rinnovabile”.
Legambiente non vuolei mettere in discussione la storica specializzazione zootecnica della Pianura Padana, che è all’origine delle eccellenze alimentari che il nostro Paese esporta in tutto il mondo, ma oggi il carico di bestiame è eccessivo, molto superiore alla capacità di produrre i foraggi necessari, perché la terra coltivata non è sufficiente per nutrire così tanti animali nè per ricevere le molte decine di milioni di tonnellate di liquami zootecnici prodotti in queste regioni: così l’agricoltura è diventata il primo settore economico per quantità di inquinanti gassosi rilasciati in atmosfera. Per queste ragioni Legambiente ha scritto al Ministro dell’Ambiente e agli assessori all’ambiente e all’agricoltura delle regioni firmatarie dell’Accordo Aria, affinché come primo passo verso il riconoscimento di questo problema includano il metano e l’ammoniaca tra gli inquinanti gassosi oggetto di monitoraggio e di misure di riduzione delle emissioni: stando infatti agli inventari regionali, questi due gas pesano quasi quanto la metà di tutte le emissioni inquinanti, eppure non esiste una rete di monitoraggio atmosferico né sono stati fissati obiettivi di riduzione coerenti con gli impegni europei di lotta all’inquinamento atmosferico. Legambiente dunque chiede che i piani regionali di risanamento dell’aria si facciano carico anche di questa fonte emissiva, sostenendo azioni di mitigazione ma anche programmi e strategie per la sostenibilità del settore agricolo e zootecnico in particolare.
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