CONSUMO DI SUOLO, L’ALLARME DI ISPRA É UN MONITO SEVERO PER IL VENETO
CONSUMO DI SUOLO, L’ALLARME DI ISPRA É UN MONITO SEVERO PER IL VENETO
Legambiente Veneto: “SIAMO LONTANISSIMI DAGLI OBIETTIVI DELL’AGENDA 2030 SUL SUOLO. SERVE UN VENETO CAPACE DI REGGERE IL PASSO DEGLI IMPEGNI ASSUNTI CON L’EUROPA “
I dati di ISPRA sulla crescita del consumo di suolo sono più che allarmanti per il Veneto, Regione che registra nell’ultimo anno un incremento netto di suolo consumato pari a 685 ettari. Dati puntuali e verificati che dovrebbero mettere in guardia rispetto ad un meccanismo di crescita dell’espansione urbana e infrastrutturale che appare del tutto indifferente alla legge “contro il consumo di suolo” voluta ed approvata dalla Regione Veneto ormai 5 anni fa. Una Legge regionale, la n.14 del 2017, su cui Legambiente ritiene necessario avviare una profonda riflessione utile a verificarne l’utilità la congruenza dei contenuti e la solidità degli strumenti attuativi previsti, dato che, anno dopo anno e dati alla mano, questa legge si sta dimostrando incapace di arrestare la perdita di suolo naturale causata dell’espansione urbana e dalle trasformazioni collaterali quali i nuovi poli logistici. Un provvedimento inconcludente che a ben cinque anni dalla sua entrata in vigore, nell’indifferenza della Regione, non è ancora stato recepito da oltre il 50% dei Comuni del Veneto.
Ispra conferma anche per il 2021 le ampie e note criticità di consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane in cui l’incremento delle superfici artificiali è continuo e significativo, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali. A questo vanno aggiunte le enormi speculazioni che stanno provocando la perdita di suolo vergine nell’intorno dei sistemi infrastrutturali, con interventi di artificializzazione favoriti dalla maggiore accessibilità e legati soprattutto alla realizzazione di poli logistici e commerciali. Quasi nullo secondo i dati Ispra risulta essere l’impatto dei vituperati impianti fotovoltaici a terra, che è bene ricordare non comportano comunque la perdita di suolo fertile bensì una copertura temporanea di suolo, che in ogni caso attraverso i nuovi impianti ‘agrivoltaici’ può essere addirittura completamente salvaguardato e mantenuto fertile. Importanti compromissioni definitive di suolo sono state invece registrate da Ispra lungo la fascia costiera entro un chilometro dal mare, nelle aree di pianura, nelle città e nelle zone urbane e periurbane dei principali poli e dei comuni di cintura a causa di un consumo di suolo dovuto principalmente a nuovi edifici, infrastrutture e strade (in particolare dove i valori immobiliari sono più elevati) a scapito, chiaramente, di suoli precedentemente agricoli o a vegetazione erbacea. Il Veneto non a caso è dunque la regione che ha la maggior superficie di edifici rispetto al numero di abitanti (147 m2/ab), un dato che conferma l’insostenibilità del modello di sviluppo ‘land-intensive’ perseguito dalla Regione che sta distruggendo e degradando l’ambiente naturale, causando la perdita delle zone umide, delle aree protette e delle superfici coperte da vegetazione (agricola, parchi urbani, boschi e foreste, etc.) ma anche delle superfici naturali all’interno delle nostre città, preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto. Questo decremento continuo di suolo verde contribuisce infatti a far diventare sempre più calde le nostre città, con l’acuirsi dei fenomeni delle isole di calore che portano le aree urbane a maggiorazioni di temperatura mediamente superiori ai 2°C.
“Il Veneto non può permettersi il lusso di arrivare impreparato alle scadenze del Green Deal – commenta il presidente regionale di Legambiente, Luigi Lazzaro – e la lotta al consumo di suolo deve essere tra le priorità di chi oggi siede in Giunta regionale o tra i banchi del Consiglio. Siamo molto, molto lontani dagli obiettivi di sostenibilità̀ dell’Agenda 2030, che sulla base delle attuali previsioni demografiche ci imporrebbe addirittura un saldo negativo del consumo di suolo. Ciò significa che già da ora, e non dal 2050 come sentiamo ripetere da qualche Assessore regionale – incalza Lazzaro – la “sostenibilità” di questa legge richiederebbe uno stop deciso alle occupazioni di suolo ed un importantissimo e contestuale aumento netto delle aree naturali. Un impegno preciso che potrebbe essere tradotto in un nuovo impianto normativo che ci aiuti a colmare il vuoto tra le enunciazioni di buoni principi della LR14/2017 e la concreta attuazione degli obiettivi di tutela del suolo, rendendo il veneto capace di reggere il passo degli impegni assunti con l’Europa”.