Soffocati dallo smog: aria padana sempre da codice rosso
Martedì 14 gennaio 2020 Comunicato Stampa
Superficiale ed edulcorata la lettura dei dati Arpav dell’assessore Bottacin
SOFFOCATI DALLO SMOG: ARIA PADANA SEMPRE DA CODICE ROSSO
LE MEDIE STATISTICHE NON MIGLIORANO L’ARIA CHE RESPIRIAMO:
NEI PRIMI 13 GIORNI DEL 2020 ARIA PEGGIORE DEL 2019 PER TUTTE LE CITTÀ DI PIANURA DEL VENETO
TPL E TRASPORTO FERROVIARIO FERMI AL PALO DA ALMENO UN DECENNIO
La situazione dell’aria nei primi tredici giorni dell’anno sconfessa i tentativi di maquillage dei dati da parte della Regione Veneto. Non c’è media annuale che tenga: siamo soffocati dallo smog da PM10 e PM2,5 e non c’è tregua per l’aria che si respira in Veneto, con danni sociali e sanitari enormi.
È questa la fotografia della situazione reale secondo Legambiente, che tira le somme di questo primo scorcio di 2020 tra Città in affanno, sterili polemiche sui pan e vin e blocchi del traffico a macchia di leopardo. A spiccare, come sempre, la totale assenza di programmazione strutturale. Ma la Regione, per voce dell’Assessore regionale all’ambiente, diffonde notizie che ammiccano l’esatto contrario.
“Siamo colpiti dalle dichiarazioni dell’assessore regionale Bottacin – commenta il presidente regionale Luigi Lazzaro – che enfatizzando dati di andamento medio degli inquinanti in atmosfera edulcora la grave realtà della situazione: la pianura padana è un hot-spot europeo con migliaia di morti premature l’anno e con costi ambientali e sanitari che pesano tra il 2% e il 6% del PIL nazionale. L’inquinamento atmosferico resta un’emergenza da codice rosso per la nostra regione e per tutta l’area del bacino padano ed è sconfortate sentire i responsabili politici suggerire il contrario”.
Secondo l’associazione ambientalista, nonostante i progressi complessivi innegabilmente compiuti fino a oggi, in particolare grazie a politiche e risoluzioni europee, siamo ancora distanti da livelli di inquinamento accettabili e la qualità dell’aria che respiriamo in tutta la regione continua ad essere tutt’altro che buona. E molto poco hanno contribuito le blande misure di contenimento promosse dalla Regione. Misure che secondo Legambiente sono state ovunque vanificate dalla sofisticata articolazione del sistema di attivazione dei livelli di allerta oltre che da una abbondanza di deroghe stabilite direttamente dai primi cittadini, a cui peraltro sono sottoposti solo metà dei cittadini della regione, dato che i provvedimenti sono obbligatori solo per i Comuni con più di 30mila abitanti. Insomma un grande pasticcio amministrativo tra provvedimenti disomogenei e iniziative fai-da-te senza alcun coordinamento regionale.
Infatti andando a spulciare i dati validati dall’Agenzia regionale, è facile verificare come l’inizio del 2020 sia peggiore del 2019, Nemmeno due settimane di vita per l’anno nuovo e c’è poco da stare sereni: per contare i giorni di superamento del limite di legge giornaliero servono più di due mani per tutti i Comuni capoluogo. Nei primi 13 giorni dell’anno l’aria è stata tutt’altro che buona per il 100% dei giorni a Treviso e Padova (erano 11 giorni nel 2019) e per 12 giorni su 13 a Venezia, Verona e Vicenza (12, 9 e 10 giorni nel 2019). Solo Rovigo si ferma, per così dire, alla doppia cinquina (erano 9 giorni su 13 nel 2019).
Vale a dire che la media di concentrazione annuale sarà anche diminuita scendendo sotto il limiti di legge, ma dall’inizio dell’anno ad oggi i singoli giorni con aria tutt’altro che buona sono più dello scorso anno ovunque. Un vero proprio inizio da codice rosso per tutti, a dispetto dell’algoritmo semaforico tanto gradito alle regioni padane che continua a far scattare allerte in modo disomogeneo tra disagi e contraddizioni territoriali.
Un codice rosso che Legambiente non trova corretto addolcire con dichiarazioni di medie statistiche in miglioramento. Lo smog attanaglia le nostre città ininterrottamente da almeno 15 anni e oggi è un problema sanitario acuto che costringe anziani e bambini in età pediatrica a barricarsi in casa, creando pesantissime ricadute per la salute di tutti: stando ai dati dell’Agenzia Europea per l’ambiente, sono oltre 80 mila le morti premature all’anno nel nostro Paese per cause imputabili all’inquinamento atmosferico e il Veneto, in compagnia delle altre regioni del nord Italia, si colloca tra le peggiori aree europee, con più decessi in rapporto alla popolazione.
Da codice rosso purtroppo anche le capacità amministrative degli Enti preposti, visto che pur avendo abbassato la media annuale, sembrano aver dimenticato che nel 2018 il perpetuarsi del superamento del numero massimo di giorni con qualità dell’aria oltre i limiti di legge previsti dal D.lgs. 155/2010 (che prevede un numero massimo di 35 giorni/anno con concentrazioni superiori a 50 μg/m3) ha causato il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea in merito alle due procedure di infrazione per qualità dell’aria e che costerà multe salate che graveranno sulle spalle dei cittadini. Inutile sottolineare che molti dei superamenti oggetto di tali procedure di infrazione interessano la maggior parte delle aree localizzate nelle regioni del Bacino Padano.
Per uscire dall’emergenza smog secondo Legambiente è necessario che la Regione faccia immediatamente dei seri investimenti sul Trasporto Pubblico Locale togliendo risorse dal trasporto su gomma a favore di quello collettivo. “Certo vista la situazione dei trasporti in Italia, l’assessore Bottacin si permette di parlare di un Veneto che investe somme importanti – commenta nuovamente Luigi Lazzaro – , ma anche in questo caso è una narrazione edulcorata. Lo invitiamo a verificare con noi la media degli investimenti regionali per il trasporto ferroviario e il tpl: ad oggi le risorse mediamente investite dalla Regione Veneto sono di 6,5 € per abitante ogni anno. Circa la metà di quanto investe ad esempio l’Emilia-Romagna, nonostante le tariffe in Veneto siano aumentate di quasi il 20% negli ultimi otto anni.”. “Non è dunque un caso ma una scelta forzata – sottolinea Lazzaro – se il numero dei passeggeri che utilizzano la rete ferroviaria veneta sia fisso a quota 153 mila dal 2010 e se le uniche infrastrutture su cui ricade l’impegno della politica siano quelle stradali e autostradali.”.
Serve poi che la Regione si attivi nel coordinamento dei Comuni per la realizzazione dei Piani Urbani di Mobilità Sostenibile. Utile anche l’introduzione di target di mobilità vincolanti per le città, con obiettivi di ripartizione modale degli spostamenti, la realizzazione di zone centrali a pedaggio (come Area C e B a Milano) e più vaste zone a emissioni limitate (Low Emission Zone) così come previste ma mai incentivate anche dal PTRA della Regione Veneto, con pedaggi elevati di ingresso per i veicoli più inquinanti.
Ma bloccare il traffico non basta, servono interventi strutturali più ampi: dobbiamo mettere mano al sistema energetico, al modo di riscaldare e raffrescare gli edifici, al sistema dei trasporti di merci e persone, alla mobilità nelle aree metropolitane, al sistema industriale e agricolo.
“Per questo ci auguriamo che la regione – conclude Luigi Lazzaro – non perda altro tempo ad enfatizzare miglioramenti medi utili solo alle campagne elettorali, ma avvii da subito coraggiose politiche strutturali. E lo faccia iniziando proprio con la disincentivazione del traffico veicolare, responsabile di almeno il 30% del pm10 emesso nelle aree urbane facendo leva sulle proprie competenze in materia di programmazione e di prevenzione: È ormai inderogabile l’estensione dell’accordo di bacino padano a tutti i Comuni del Veneto come la destinazione di risorse proprie aggiuntive per la mobilità sostenibile”.
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