Buone pratiche di economia circolare in Europa: la plastica
Sono tante le buone pratiche che vari paesi europei stanno realizzando per trasformare l’economia in senso circolare. Tra gli esempi, PlasticRoad, inaugurata lo scorso settembre in Olanda: è la prima pista ciclabile lunga 30 metri e composta al 70% di materiale ottenuto riciclando una quantità di plastica pari a 218.000 bicchieri di plastica o 500.000 tappi.
Ma anche la Francia fa importanti passi verso la circolarità: il Ministero Transizione ecologica e solidale – il corrispettivo del nostro Ministero dell’Ambiente – ha infatti pubblicato lo scorso maggio la route économie circulaire, un pacchetto di 50 soluzioni operative per sviluppare l’economia circolare su larga scala, coinvolgendo cittadini, imprese e autorità locali.
Tra le soluzioni ci sono sia l’obbligo entro il 2020 di installare filtri di recupero delle particelle di plastica nei siti che producono o utilizzano questo materiale sia la creazione del “deposito di solidarietà” con punti di raccolta a livello locale in cui i cittadini potranno conferire bottiglie di plastica e lattine di metallo: il ricavato andrà a finanziare cause di interesse generale.
Un modello, quello del vuoto a rendere, che da anni funziona in molti paesi europei come la Germania: grazie a una legge in vigore dal 2006, su ogni bottiglia di plastica, vetro e latta è applicato un sovraprezzo (pfand) che si può riscuotere al momento della restituzione ai negozi.
Ecco alcuni esempi di buone pratiche che è necessario diffondere per raccogliere la grande sfida del nuovo pacchetto europeo sull’economia circolare entrato in vigore lo scorso luglio.
Le direttive prevedono l’obbligo a riciclare il 55% dei rifiuti urbani domestici e commerciali ed arrivare a quota 65% nel 2035, limitando allo stesso tempo la percentuale di quelli smaltiti in discarica al massimo al 10% (in Italia raggiungiamo quasi il 27,64%). Necessario poi arrivare al 65% di riciclo per i materiali di imballaggio entro il 2025, da implementare al 70% nei successivi di cinque anni. Questa la necessaria risposta dell’Unione Europea alla scelta della Cina di fermare l’importazione di rifiuti la cui impurità superi lo 0,5, livello molto alto, anche per l’Italia.