dossier ‘Ndrangheta, Corruzione, Cemento: il Veneto che deve cambiare
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Comunicato stampa
Verona, 26/11/2013
Presentato oggi il dossier ‘Ndrangheta, Corruzione, Cemento: il Veneto che deve cambiare a cura dell’osservatorio Ambiente e Legalità di Venezia e Legambiente Veneto.
Presenti Luigi Lazzaro presidente di Legambiente Veneto, Lorenzo Albi, presidente di Legambiente Verona, l’avvocato Luca Tirapelle, presidente del Centro di azione giuridica del Veneto e Gianni Belloni dell’Osservatorio ambiente e legalità di Venezia.
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Le notizie che via via stanno emergendo sul protagonismo della criminalità ‘ndranghetista a Verona e sulla sua capacità di interloquire con l’amministrazione pubblica sono inedite, ma allo stesso tempo non ci stupiscono.
Malgrado le rassicurazioni dell’amministrazione comunale ad oggi la Soveco Spa non è riuscita a presentare la certificazione antimafia relativamente alla realizzazione del filobus nel comune di Verona.
So.Ve.Co. S.p.A. è società che gestisce appalti pubblici a Verona di enorme rilievo. Con sede a Verona in via Cà di Cozzi 41, è una società di costruzioni con capitale sociale di un milione e mezzo di euro e risulta di proprietà di Sabina Colturato e di Francesco Urtoler. In realtà la società è riferibile al sig. Antonino Papalia che ne è stato dipendente, ma che secondo la Polizia Tributaria di Verona (informativa numero 6164 del 16 luglio 2009) ne sarebbe anche socio occulto, e risulta comunque amministratore e legale rappresentante di società rumene controllate da So.Ve.Co.
Una ditta della rilevanza della Soveco non può operare, soprattutto nel caso del settore dell’edilizia e delle opere pubbliche, senza intessere una rete solida di alleanze: pensiamo a tutti i professionisti a cui una società come questa deve ricorrere, professionisti che hanno dovuto e devono anche tutelare i delicati equilibri societari della Soveco ed affrontare i suoi guai sul fronte fiscale. Ma si dovranno anche verificare le alleanze politiche ed imprenditoriali che la società ha intrecciato per riuscire ad arrivare a quel livello.
In sintesi il quadro che sta emergendo cambia in modo radicale il modo di leggere l’operatività delle mafie in Veneto: non solo un azione “silente” impegnata al riciclo di capitali in attività economiche e finanziarie o il servizio – operazioni finanziarie, truffe, evasione fiscale, bancarotte fraudolente, smaltimento di rifiuti, somministrazione di manodopera – prestato alle imprese venete – spesso con l’aiuto di una rete di professionisti locali -, ma un insediamento stabile e continuativo capace di attivare contatti e complicità con settori del mondo politico e imprenditoriale .
Per questo occorre andare aldilà dei protocolli – che quando vengono firmati devono essere resi operativi! – ed individuare, e cambiare radicalmente, le politiche che oggi costruiscono il contesto più favorevole per l’insediamento delle mafie. Siamo infatti di fronte a delle vere e proprie politiche criminogene davanti alle quali e poi – quando è già tardi – inutile invocare la magistratura e la polizia. E’ ora di mettere in campo “l’antimafia del giorno prima” non strillare, a volte ipocritamente, quando le cose sono già acclarate.
La politica può fare molto se riconsidera le politiche criminogene messe in campo in questi anni che hanno, oggettivamente, reso fertile il terreno per l’incontro tra pezzi di imprenditoria, della politica e delle professioni a vantaggio di ristretti circuiti di potere facendo a pezzi l’ambiente, i beni comuni e la democrazia.
“Occorre percorrere strategie di cambiamento – ha dichiarato Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto – e per questo nel dossier vengono esplicitate una serie di proposte concrete su cui chiediamo il confronto con la Regione e i soggetti politici e sociali interessati. Proposte che riguardano l’urbanistica, le grandi opere – una moratoria dell’utilizzo del project financing – e la lotta alla corruzione”.
per informazioni Gianni Belloni 340.9299373
www.osservatorioambientelegalitavenezia.it
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