Lettera al Presidente Enrico Letta – il futuro di Venezia non viaggia sulle Grandi Navi
Caro Presidente Letta, il futuro di Venezia non viaggia sulle Grandi Navi.
Pianificazione integrata e rigenerazione urbana sono la chiave per il nuovo rinascimento della Città. A partire dal Porto.
Egregio Presidente,
il successo delle recenti iniziative e manifestazioni contro il passaggio delle grandi navi in laguna e il livello raggiunto dal dibattito in città e fuori, con un’attenzione crescente dei media nazionali e internazionali su questo tema, testimoniano da un lato la presa di coscienza collettiva di un problema sentito come urgente e prioritario per il futuro di Venezia (e del patrimonio storico, architettonico e culturale che essa rappresenta) e dall’altro la necessità che la politica e le istituzioni – a tutti i livelli – giungano a una sintesi finale tra le varie visioni e proposte in campo, arrivando finalmente a una decisione concreta e definitiva su questa questione.
Siamo consapevoli che il tema delle grandi navi sia ovviamente problema complesso e, come tutto ciò che riguarda Venezia, reso ancor più delicato dall’unicità della città e del suo fragile patrimonio ambientale, storico e artistico. E’ innegabile la necessità, vissuta come prioritaria, di tutelare e proteggere questo patrimonio dell’umanità da una presenza e da un traffico che hanno un impatto enorme sull’ecosistema lagunare (inquinamento dell’aria e dell’acqua), senza dimenticare la violenza estetica e visiva che questi “condomini galleggianti” comportano e che una parte sempre crescente della cittadinanza e della popolazione mondiale vive con sofferenza. A ciò si aggiunga il moto ondoso creato da un traffico acqueo all’interno della laguna in crescente aumento e mal regolamentato, che ci porta a tenere in sempre più alta considerazione il rischio di gravi incidenti.
La questione delle grandi navi costituisce dunque un problema in sé, ma allo stesso tempo rappresenta probabilmente il fenomeno più vistoso e importante che caratterizza la distorsione dell’attuale modello economico su cui è adagiata e su cui sopravvive la città. E’ per questo che pensiamo non sia sufficiente un semplice divieto, sebbene indifferibile, al transito delle grandi navi davanti a San Marco, ma riteniamo piuttosto che sia vitale ripensare il modello e le linee di sviluppo della città, non solo del centro storico, e delineare il futuro che Venezia vuole costruire per sé. Non si tratta di stravolgere la natura, il dinamismo turistico dell’economia veneziana e il ruolo importante che il comparto crocieristico svolge in termini di occupazione. E’ essenziale anzi che il dibattito, e la conseguente elaborazione delle soluzioni, non mettano in contrapposizione bisogni ed esigenze che rappresentano interessi differenti, ma che in realtà si rivelano complementari per la tenuta complessiva e il futuro sviluppo dell’economia di questo territorio.
Guardando ai dati, non si può non notare quanto il numero degli approdi del comparto legato alla crocieristica sia aumentato costantemente nell’ultimo quinquennio fino ad arrivare alle 661 toccate del 2012. Più 50% rispetto al 2006. Il numero di passeggeri è passato analogamente dagli 850mila del 2005 ai circa 2milioni/anno di oggi, con un aumento di oltre il 100%. È evidente dunque quanto il traffico marittimo legato alle crociere sia aumentato costantemente, compensando il calo complessivo di toccate di traghetti e aliscafi, oggi destinati, o forse meglio dire “costretti” dalle scelte dell’Autorità Portuale, a lasciare la Marittima in direzione Marghera.
E’ altrettanto evidente come il fenomeno crocieristico rappresenti un dato recentissimo nella storia della città e che si sia potuto sviluppare in queste proporzioni solo in virtù dell’assenza di adeguate regolamentazioni. Il tutto condito da un aumento di dimensioni delle navi tale da creare le condizioni di pericolosità e di rischio per Venezia cui tutti oggi assistiamo. Le tragedie della Costa Concordia all’isola del Giglio e il più recente incidente della Jolly Nero in manovra all’interno del Porto di Genova dovrebbero almeno avere insegnato qualcosa e ci mettono davanti tutta l’insostenibilità e i rischi della situazione attuale.
Non possiamo fingere di non vedere come il modello di sviluppo proposto e promosso dall’Autorità Portuale abbia comportato una vera e propria invasione di traffico crocieristico nel cuore di Venezia. Né possiamo pensare possa essere sufficiente il rispetto del dettato del decreto Clini-Passera per risolvere i problemi del traffico delle grandi navi a Venezia. Come se il transito in laguna di navi di stazza inferiore alle 40mila tonnellate, che raggiungono facilmente i 200/250 metri di lunghezza e che rappresentano più della metà dell’attuale traffico crocieristico, non riproponesse i medesimi rischi e offrisse quindi una risposta solo parziale al bisogno di strategia e prospettiva che ha Venezia.
Le proposte ad oggi avanzate dall’Autorità Portuale e altri soggetti economici e politici del territorio di scavo di uno o più nuovi canali all’interno della laguna, allo scopo di mantenere lo status quo, ci fanno rabbrividire. Venezia ha già subito uno stravolgimento del suo delicato ecosistema con la scelta scriteriata di insediamento di un polo industriale a qualche centinaio di metri dal centro cittadino, la laguna ha conosciuto uno sfregio incancellabile con la realizzazione del canale dei petroli e l’ulteriore escavo dei fondali alle bocche di porto. Laguna e città di Venezia sono un patrimonio mondiale inestimabile che va tutelato e protetto e non più aggredito e sfruttato. Come ambientalisti e come cittadini non possiamo più accettare soluzioni del secolo scorso da parte di una lobby imprenditoriale che di quegli anni sta riproponendo il peggio.
Non ci convince nemmeno il principio “lontano dagli occhi lontano dal cuore”, come se il problema fosse risolto una volta e per tutte cancellando Venezia dagli scali crocieristici. Il mare è bene comune che ci appartiene e che non può essere usato e occupato per evitare di affrontare le sfide del prossimo futuro che devono partire, per quanto ci riguarda, dal recupero e dalla rigenerazione urbana. Non ci interessano soluzioni parziali che si occupano di risolvere i problemi posti dalle singole attività all’interno della città. Vogliamo piuttosto una pianificazione strategica della città, vogliamo immaginare la Venezia del futuro, vogliamo giocare una sfida importante, non solo sulla vergogna degli inchini al campanile delle grandi navi, ma sul recupero di aree e identità, sulla ridefinizione degli spazi, sull’idea insomma di città che vorremmo realizzare.
Lo spostamento dell’home port veneziano in un’area più idonea (Marghera), lontana dal fragile cuore della città, può rappresentare una soluzione che ripensa non solo il traffico delle grandi navi, ma un assetto complessivo dell’accoglienza turistica in città. Dovrebbe essere, di logica, un solido investimento in grado di garantire l’attuale numero di toccate, se non addirittura aumentarle, senza i rischi ambientali e l’impatto paesaggistico connessi a questo volume di traffico. Le aree oggi meno interessate dalla pressione turistica (Venezia oggi sfiora i 20milioni di visitatori/anno, concentrati nel Centro Storico), le stesse che oggi sentono maggiormente il clima di instabilità economica e che necessitano di interventi di rilancio, potrebbero goderne significativamente entrando a far parte a pieno titolo delle dinamiche cittadine, senza esserne più suburbio.
Venezia, com’è noto, convive con uno dei S.I.N. (Sito d’Interesse Nazionale) più estesi d’Europa, un’enorme area contaminata in abbandono e da bonificare che occupa una superficie a terra di 3.221 ettari, mentre quella relativa alle porzioni in mare è di 2.200 ettari, cui si aggiungono ulteriori 350 ettari di canali portuali. Pianificare il futuro della città e dell’attività portuale partendo dalla rigenerazione di una parte di territorio abbandonato e tragicamente inquinato, rappresenta a nostro avviso una straordinaria opportunità, un obbligo sociale e urbanistico, deve essere insomma la pietra angolare, il principio basilare su cui attivare un percorso di cambiamento che tenga in considerazione l’evidente necessità di mantenimento del comparto crocieristico e dei posti di lavoro a esso connessi, con la tutela della salute dei cittadini e di un patrimonio paesaggistico, storico e architettonico mondiale.
Noi riteniamo che lo spostamento della Marittima per le navi da crociera nell’area di Porto Marghera attraverso il passaggio per l’esistente canale dei petroli possa rappresentare la giusta soluzione, la risposta moderna alle richieste di un mondo che è cambiato e che pretende idee originali che tengano insieme le ragioni dell’occupazione e della crescita economica con quelle della fruizione sostenibile. In questo modo si eviterebbe il passaggio delle grandi navi all’interno del Canale della Giudecca e del bacino di San Marco e allo stesso tempo si consentirebbe una pianificazione integrata di tutta l’area comunale attraverso il recupero e rilancio dell’area di Porto Marghera, un territorio che necessita disperatamente di un rilancio dopo anni di abbandono seguiti alla crisi del sistema industriale e del ciclo della chimica.
Ci piace pensare che l’assurda localizzazione di un polo industriale che ha seminato morte e sofferenza negli anni passati possa essere considerata oggi un’opportunità verso la riconversione a scopi più nobili ed economicamente addirittura più vantaggiosi. E’ chiaro che il rilancio di quest’area, per quanto ci riguarda, deve rappresentare una sfida per l’intero sistema Paese e non solo per la città e i suoi amministratori e deve avvenire secondo criteri che la orientino verso uno sviluppo sostenibile improntato anche alle possibilità offerte da una green economy sempre più presente nel panorama imprenditoriale attuale.
L’area di Porto Marghera può dunque essere il luogo adatto per ospitare nel prossimo futuro in via definitiva le navi da crociera. Né crediamo che lo spostamento di pochi chilometri dal centro di una delle città più belle del mondo possa rappresentare un deterrente alla visita e scoraggiare anche solo una piccola percentuale dei milioni di visitatori che da ogni parte del mondo giungono a Venezia. L’unicità e la straordinarietà della città di Venezia sono riconosciutamente un elemento di vantaggio competitivo che dovrebbero indurre a fissare opportune regole di fruizione, nella certezza che nessuna di questa potrà determinare una riduzione del flusso di visitatori. Al contrario, la facilità d’accesso al bene Venezia rischia di rendere meno attraente la città e di favorire un turismo cheap e a forte impatto ambientale a scapito di un turismo di qualità più compatibile con un contesto così delicato.
Per quanto riguarda il transitorio l’area di Fusina, già attrezzata per l’arrivo dei traghetti, è senza dubbio utilizzabile, anche nell’immediato, per ospitare e garantire manovre alle navi fino a 40mila tonnellate di stazza lorda.
Il rilancio dell’immagine del nostro Paese nel mondo e della sua economia passa anche da scelte di pianificazione coraggiose e importanti come questa.
Egregio presidente Letta, nei prossimi giorni, Lei e i ministri Bray, Orlando e Lupi prenderete una decisione. Vi chiediamo di valutare attentamente le soluzioni poste sul tavolo dai diversi soggetti interessati e di considerare la Vostra decisione non solamente come utile tampone a un problema sociale o di eccessivo traffico marittimo in laguna, ma piuttosto come indirizzo politico necessario ad attivare una concreta pianificazione delle attività economiche future, delle necessità urbanistiche, sociali e ambientali, nella definizione di una politica industriale che assuma il turismo e il futuro di Venezia come asset fondamentale per il Paese.
Confidando nella Sua sollecita attenzione a una questione che sta a cuore ai Veneziani e al mondo intero, ci è gradita l’occasione per porgerLe i nostri più distinti saluti
Vittorio Cogliati Dezza Luigi Lazzaro
Presidente Legambiente Presidente Legambiente Veneto