Presentazione Rapporto Ecomafia 2013
Venezia, 20 giugno 2013
16,7 miliardi di euro di fatturato, 34.120 reati accertati, 28.132 persone denunciate,
8.286 sequestri effettuati. Aumentano i clan coinvolti (da 296 a 302), quadruplicano i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (da 6 a 25), salgono gli incendi boschivi, cresce l’incidenza dell’abusivismo edilizio e soprattutto la piaga della corruzione con il raddoppio delle denunce e degli arresti
Il Veneto è all’undicesimo posto con un incremento di ben il 18,9% degli illeciti accertati dalla forze dell’ordine. Sono state registrate nella nostra regione 995 infrazioni, pari al 2.9 per cento del totale, 939 persone denunciate, una arrestata e 196 sequestri.
Legambiente presenta Ecomafia 2013 – nomi e numeri dell’illegalità ambientale
“Il business della criminalità organizzata non conosce recessione e, anzi, amplia i suoi traffici con nuove rotte e nuove frontiere”
34.120 reati, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da numerosi clan: 302 quelli censiti nel 2012. I numeri degli illeciti ambientali accertati lo scorso anno delineano una situazione di particolare gravità. Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4%). Prima regione del Nord Italia, la Liguria (1.597 reati, +9,1% sul 2011). Da segnalare per l’incremento degli illeciti accertati anche il Veneto, con un +18,9%, e l’Umbria, passata dal sedicesimo posto del 2011 all’undicesimo del 2012.
L’accentuata dimensione globale delle attività degli ecocriminali, la diversificazione delle loro attività, si accompagnano in maniera sempre più evidente con l’altra piaga che affligge il nostro paese: la corruzione. In costante e inarrestabile crescita.Ed è proprio la dimensione della corruzione e le corresponsabilità della rea grigia di mediatori, professionisti ed imprenditori che è stato preso in esame oggi nel corso della presentazione del rapporto Ecomafia 2013 avvenuta oggi a Mestre con la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore alle politiche ambientali della Provincia di Venezia Paolo Dalla Vecchia, all’assessore all’ambiente del Comune di Venezia, Gianfranco Bettin, del coordinatore dell’Osservatorio nazionale ecomafie di Legambiente, Antonio Pergolizzi, del magistrato Antonio De Lorenzi, dell’economista Stefano Solari, della coordinatrice del comitato scientifico dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Venezia, Laura Fregolent e del presidente di Legambiente Veneto Luigi Lazzaro.
Nel ciclo del cemento bisogna segnalare come a crescere in maniera significativa – in un panorama nazionale di sostanziale stabilità – è l’incidenza di questi reati (dall’urbanistica alle attività estrattive) nell’Italia Nord Orientale (che comprende Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) dove passa dal 6,7% del 2011 al 10,8% del 2012.
Nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24%), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto posto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa filiera illegale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un + 120% di reati accertati rispetto al 2011. Secondo lo studio condotto dall’istituto di ricerca Transcrime su Gli investimenti delle mafie, pubblicato nel gennaio del 2013, il mercato illegale dei rifiuti speciali vede il Veneto al primo posto in Italia per fatturato con 149 milioni di euro. Un mercato in cui non sembra mancare la presenza dei clan mafiosi. Nel recente rapporto Dia 2011 (I semestre) viene segnalato come, riguardo l’operatività di Cosa nostra, “altre indagini in corso riguardano infiltrazioni della mafia siciliana nel Veneto Orientale (Jesolo) e a Venezia, come pure a Porto Marghera nel traffico dei rifiuti”. Da segnalare al tradizionale e collaudato smaltimento illegale – di cui diamo conto all’interno del rapporto -, il mondo criminale dei rifiuti, anche nel Veneto, si arricchisce di aspetti “innovativi” intrecciati alle truffe finanziarie e all’evasione fiscale, confermando così le più aggiornate analisi investigative.
“Qui al nord il compito principale dell’azione di contrasto dovrebbe riguardare l’area grigia degli interessi, le collusioni tra politica, economia e mondo criminale”, ha dichiarato il presidente di Legambiente VenetoLuigi Lazzaro. La lotta contro la corruzione – le indagini in corso sembrano far emergee un sistema corruttivo dai profili inquietanti – è la priorità per chi ha a cure la difesa dei beni comuni e dell’ambiente”. Ci troviamo di fronte ad un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti – sottolinea Lazzaro -, semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi. Le pene per i reati ambientali, infatti, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale”.
“I numeri e le inchieste riassunte in questo rapporto – ha dichiarato il responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana – impongono, l’adozione di un pacchetto di misure indispensabili per contrastare in maniera decisamente più efficace la minaccia rappresentata dai fenomeni di criminalità ambientale che avvelenano il nostro paese. La prima proposta riguarda l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale, con l’approvazione del disegno di legge già licenziato dal governo Prodi nel 2007 e ripresentato in questa legislatura dal presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci, che consentirà alla magistratura e alle forze dell’ordine di intervenire in maniera adeguata perché frutto di un’attenta e obiettiva valutazione dei fenomeni criminali, delle loro cause e delle loro conseguenze. La riforma del sistema di tutela penale dell’ambiente, prevista peraltro dalla direttiva Ue 99 del 2008 “sulla tutela penale dell’ambiente”, che l’Italia ha formalmente recepito ma sostanzialmente disatteso, deve essere accompagnata da un’altra iniziativa legislativa non più rinviabile: l’introduzione di norme che rendano effettiva l’azione di contrasto dell’abusivismo edilizio con la definizione di tempi e modalità certe in cui censire ed eseguire le demolizioni; il rafforzamento del fondo a disposizione dei comuni per procedere agli abbattimenti; sanzioni più severe, fino alla misura estrema dello scioglimento degli enti locali inadempienti”.