No al mais contaminato nel cibo degli animali: giusta la posizione del ministero della salute
Rovigo, 15 gennaio 2013 Comunicato Stampa
LEGAMBIENTE VENETO
NO AL MAIS CONTAMINATO NEL CIBO DEGLI ANIMALI:
GIUSTA LA POSIZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE
Legambiente Veneto prende posizione contro la richiesta di alcune associazioni di categoria del mondo agricolo che chiedono l’innalzamento dei livelli di tolleranza delle aflatossine nei mangimi animali, e accoglie positivamente la precisazione del ministero.
“Il problema delle aflatossine in pianura padana è in crescita e non cesserà di crescere se non cambiamo il modello agricolo della regione – commenta Davide Sabbadin responsabile energia e agricoltura di Legambiente Veneto – l’eccesso di produzione maidicola nel veneto, quasi una vera e propria monocoltura in alcune aree della nostra regione, lega le aziende agricole a doppio filo con una filiera ed un prodotto che non possono avere lo sbocco occupazionale e di reddito che hanno avuto in passato.
Il mais soffre molto degli sbalzi di piovosità che quest’anno ne hanno ridotto drasticamente la produzione, e che sono destinati ad essere il clima che la nostra regione avrà nel prossimo secolo a causa dei cambiamenti climatici causati dall’uomo, e per colpa di questi sbalzi va incontro alla formazione naturale di aflatossine, pericolosissimo cancerogeno: non si può rispondere a questa crisi strutturale con misure temporanee che per giunta vanno nella direzione di peggiorare la qualità della salute di animali.”
“E’ necessario chiarire che fine farà il mais contaminato – conclude Sabbadin – e disporne in maniera che non finisca nel piatto animale o degli umani, evitando che le aflatossine proliferino nell’ambiente. Per Legambiente l’agricoltura veneta deve diversificare maggiormente le produzioni e cominciare produrre meno mais, che è anche una coltura responsabile dell’intenso prelievo idrico nella nostra regione, puntando a produzioni di più alto valore aggiunto, produzioni tipiche e lavorazioni che portino più reddito. Per mantenere viva l’agricoltura sul territorio e permettere quindi il suo fondamentale ruolo di presidio del territorio è necessario andare verso un’armonizzazione nell’ecosistema, che in questo caso corrisponde anche ad un minore rischio sanitario.”
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