comunicato ecomafia tra campania e veneto
E’ un legame solido quello che unisce la Campania e il Veneto e che il nuovo arresto per la gestione dei rifiuti a Napoli, del trevigiano Stefano Gavioli – e di altri 12 tra soci, dipendenti della sua azienda, la Enerambiente, e di tre funzionari di banca – ha riportato sulle prime pagine dei giornali. Un legame all’insegna della gestione dei rifiuti e quindi intriso di soldi e di rapporti di potere. E condito da tonnellate di ipocrisia.
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Negli anni ’90 il legame si è cementato grazie allo smaltimento criminale di rifiuti tossici e nocivi nell’agro casertano e che le inchieste Re Mida – condotta dalla procura napoletana – e Nuova Esa – condotta dalla procura veneziana – hanno descritto fino nei dettagli. Allora era in auge la rotta nord – sud dei rifiuti, con la camorra a garantire la fase finale del traffico e una variegata costellazione di imprenditori e faccendieri veneti a fare da collettori dei rifiuti. Il «sistema Gavioli» – l’uso disinvolto degli assetti societari per distrarre risorse e debiti e l’utilizzo di comportamenti corruttivi ed estorsivi – rappresenterebbe, se le accuse della procura napoletana saranno confermate – la fase evoluta della gestione criminale dei rifiuti che connette il Veneto con la Campania – le «scoasse» con la «munnezza» – : non più il traffico di rifiuti tossici malamente schermati da codici fortunosamente contraffatti e certificati manomessi, ma a un sistema più opaco. «Solo un certosino lavoro investigativo riesce a disvelare il collegamento con il mondo della criminalità di imprese che, a prima vista, si presentano come ordinari e legittimi operatori del settore» scrive il magistrato napoletano Annamaria Ribeira nel Rapporto Ecomafie 2011.
Il panorama delle ecomafie è punteggiato da imprese formalmente legali, solo attraverso complicate scatole cinesi societarie è possibile rintracciarne collegamenti con la criminalità. E nemmeno il modus operandi li distingue più di tanto: le regole del mercato sono sufficienti per garantire il successo di imprese senza particolari problemi di liquidità e con grandi capacità di tessitura di reti.
E’ bene sottolineare come, nel Veneto negli ultimi anni, l’avventura imprenditoriale di Stefano Gavioli ha incrociato un efficace apparato amministrativo e repressivo: sia quando è stata fermata, non più tardi di un paio d’anni fa, l’operazione della Servizi tecnologici per l’ecologia, società nell’orbita dell’imprenditore trevigiano, che aveva avanzato un progetto di gestione di rifiuti speciali nella piattaforma ambientale del Petrolchimico, sia quando la prefettura veneziana ha spiccato, nel 2010, nei suoi confronti un’«interdittiva antimafia atipica», un provvedimento che si è rivelato decisivo nel troncare i suoi affari nel capoluogo partenopeo.
Non funziona invece, alla prova dei fatti, il messaggio ipocrita, distribuito a piena mani, che vuole un Veneto pulito ed efficiente che impartisce lezioni ad una Campania avvelenata e torbida.
Il Veneto pulito, efficiente, fatto di istituzioni e imprese oneste e lungimiranti, non può che affiancare l’opera della magistratura e delle forze dell’ordine che contrastano simili avventurieri e sviluppare politiche serie, regolazioni pubbliche efficaci, sostenendo soprattutto in settori così complessi e cruciali come il ciclo dei rifiuti un decisivo protagonismo dei servizi pubblici, così come nella difesa dei più fondamentali beni comuni, a cominciare dall’acqua.
Osservatorio Legalità e ambiente – Venezia
promosso da Legambiente con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Venezia