Carbone: Preistoria della tecnologia
Due concetti chiave per discutere
1) Energia come un servizio e non come un’unità di consumo. Si deve parlare di illuminazione, riscaldamento, trasporto e non di kWh, m3 di gas e litri di benzina. Per soddisfare ciascun servizio sarà indispensabile selezionare il mix di comportamenti, tecnologie e soluzioni più efficienti ed ambientalmente sostenibili nel proprio territorio.
L’obiettivo domani non è fornire la stessa quantità di energia con diverse tecnologie ma, piuttosto, lo stesso tipo di servizio facendo uso del minore quantitativo di energia, combinando la molteplicità di tecnologie e pratiche via via disponibili, di cui molta parte andrà assegnata al risparmio energetico.
2) Decentralizzazione energetica. Decentrare vuole dire contribuire localmente, attraverso i propri comportamenti, le proprie scelte e le proprie soluzioni, alla sostenibilità energetica globale.
Fino a quando la gestione energetica rimarrà centralizzata si potranno fornire solo soluzioni a una domanda aggregata di energia. Aumentano i consumi?, e dove? e perché? L’unica soluzione resterà la costruzione di una nuova centrale elettrica di pari potenza.
C’è bisogno di nuove centrali in Italia?
Secondo la statistica di Terna del 2010 il “Totale Potenza netta” di tutte le centrali esistenti in Italia (fossili + rinnovabili) ammonta a 106.938 MW mentre, sempre secondo Terna in relazione alla Domanda di potenza “Nel luglio 2010 si è .. raggiunto .. un massimo pari a 56.425 MW; tale valore di carico massimo … se non superato nei prossimi mesi invernali, costituirà il picco dell’anno.”
Significa che le centrali oggi esistenti sono ampiamente sufficienti a coprire il fabbisogno elettrico nazionale ancora per molti anni.
Perché No al carbone
Le aziende energetiche continuano a puntare sul carbone, grazie alla politica di sostegno da parte del Governo, incurante dei problemi legati all’uso di questo combustibile, a partire dalle rilevantissime emissioni di gas serra, tangibili negli impianti che già oggi lo usano sul territorio italiano.
In Italia sono attive 12 centrali a carbone che nel 2009, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso addirittura il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, con circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122.
Il peggior impianto per emissioni di CO2 si conferma, anche nel 2009, la centrale Enel di Brindisi Sud (13 Mt), a seguire l’impianto di Fusina (4,3 Mt) e quello di Fiume Santo di proprietà di E.On (4,1 Mt).
Le centrali a carbone, come tutto il settore termoelettrico, sono regolate dalla direttiva europea Ets (Emission trading scheme), che obbliga la grande industria al rispetto del Protocollo di Kyoto e sono proprio queste centrali a non rispettare gli obblighi di riduzione di anidride carbonica.
Tutti i settori industriali regolati dalla direttiva Ets, hanno emesso, nel 2009, 181 Mt di CO2 mentre, da solo, il settore termoelettrico ha emesso 121 Mt, pari al 67% del totale. Anche grazie alla crisi economica, tra il 2008 e il 2009 tutta la grande industria ha ridotto le sue emissioni di circa il 18% (da 220 Mt a 181), il settore termoelettrico è sceso del 15% (da 143 Mt a 121), entrambi sono riusciti a rispettare gli obblighi di riduzione previsti dalla direttiva europea per il 2009 con ampi margini. Lo stesso non si può dire delle centrali a carbone che lo scorso anno hanno sforato i limiti europei di 3,6 milioni di tonnellate di CO2, risultando il peggiore settore industriale rispetto alla direttiva Ets e al protocollo di Kyoto.
Questi evidenti ritardi della produzione termoelettrica da carbone si acuiranno qualora si concretizzassero i progetti di nuove centrali presentati o in via di autorizzazione. Le emissioni di CO2 degli impianti a carbone raddoppierebbero in pochi anni, passando dagli attuali 35,9 milioni di tonnellate a 74,8.
Il carbone non serve all’Italia per risolvere i suoi problemi energetici, perché:
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peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato nelle centrali elettriche italiane;
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non abbasserà la bolletta energetica del Paese, visto che dei potenziali risparmi nell’acquisto del combustibile beneficeranno soprattutto i bilanci delle aziende energetiche e faticheranno ad arrivare nelle bollette degli italiani;
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peserà alla fine sulle casse dello Stato, visto che ci condannerà a pagare le multe di Kyoto e della direttiva 20-20-20.
Il falso alibi della CCS
La tecnologia di “cattura e stoccaggio della CO2” (CCS) ha l’obiettivo di ridurre l’impatto climatico causato dalla combustione di fonti fossili. La CCS consiste nel catturare la CO2 prodotta dalle centrali termoelettriche per confinarla sottoterra. La CCS viene ampiamente promossa dall’industria del carbone e dalle aziende elettriche, tra cui Enel, come giustificazione alla costruzione di nuove centrali a carbone.
A oggi è certo che:
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la tecnologia CCS non arriverà in tempo per arginare i cambiamenti climatici. Non si prevede infatti che la tecnologia possa essere commercialmente disponibile prima del 2030. Per evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, le emissioni mondiali dei gas serra devono invece iniziare a ridursi dopo il 2015, tra appena quattro anni;
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la CCS consuma molta energia: tra il 10% e il 40% dell’energia prodotta da una centrale termoelettrica. L’adozione su ampia scala della CCS annullerà quindi i miglioramenti in termini di efficienza degli ultimi 50 anni e farà aumentare il consumo delle risorse di un terzo. Non solo maggiore carbone da estrarre, da trasportare e bruciare, ma anche acqua. Diversi studi indicano infatti che le centrali con CCS avranno bisogno del 90% in più di acqua dolce rispetto a quelle che ne sono prive;
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stoccare la CO2 sottoterra è rischioso. Il confinamento sicuro della CO2 nel lungo periodo non può essere garantito, e persino una quantità molto bassa di perdite di CO2 potrebbe compromettere qualsiasi sforzo per attenuare i cambiamenti climatici; la quantità di CO2 da catturare e confinare per avere qualche effetto sensato sulla mitigazione del clima al 2050, richiederebbe la realizzazione di 6.000 progetti, ognuno dei quali dovrebbe pompare nel sottosuolo un milione di tonnellate di CO2 all’anno. Attualmente non sappiamo se catturare e confinare tale quantità di CO2 sia tecnicamente possibile, in quanto non è chiaro se esistano siti di stoccaggio in numero sufficiente e se questi siti si trovino nei pressi degli impianti. Il costo per il trasporto della CO2 per distanze superiori a 100 km risulterebbe infatti proibitivo.
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la CCS è una tecnologia costosa e potrebbe far raddoppiare i costi per la realizzazione di centrali a carbone, con un aumento dei prezzi dell’elettricità del 20-90%. Il denaro speso per la CCS farebbe allontanare gli investimenti destinati a soluzioni sostenibili per i cambiamenti climatici, come fonti rinnovabili ed efficienza energetica;
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la CCS comporta notevoli rischi legali e la legislazione che gestisca in maniera adeguata tali rischi non è ancora stata sviluppata.
Su questo fronte è utile ricordare l’abbandono del nuovo progetto di centrale a Kingsnorth in Gran Bretagna da parte di E.On, progettata con la tecnologia di cattura e stoccaggio del 25% della CO2 emessa, nonostante il generoso co-finanziamento previsto dal Governo britannico per centrali predisposte per la Ccs, proprio perché troppo costoso.
La faccia giudiziaria dell’Enel a Porto Tolle
Un processo penale, da poco concluso con la sentenza della Corte di Cassazione del 27 aprile scorso, ha accertato la commissione di reati (violazione della normativa sull’inquinamento atmosferico, danneggiamento aggravato) connessi alle emissioni in atmosfera della centrale di Porto Tolle che hanno provocato gravi danni ambientali, calcolati in diversi milioni di euro, che attendono ancora di essere in gran parte risarciti.
Il processo ha anche accertato che tale centrale è stata tenuta da Enel Spa priva di tutte le tecnologie antinquinamento di cui aveva dotato tutti gli altri impianti termoelettrici italiani.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo ha inoltre chiesto il rinvio a giudizio dei vertici Enel, dei direttori di centrale e dei quadri intermedi per il reato di cui all’art. 437 C.P. per aver omesso di collocare presso la centrale impianti destinati a prevenire disastri ed infortuni, che nel caso di specie si sarebbero verificati in quanto, sulla base della consulenza tecnica espletata dai ricercatori del registro tumori ed Epidemiologia ambientale della Fondazione IRCCS dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, vi è stato, in particolare nel periodo 1998-2002, tra i bambini di età compresa tra lo 0 e i 14 anni residenti nei Comuni del delta del Po veneto ed emiliano un significativo aumento di patologie respiratorie associato alla concentrazione di inquinanti tipici delle centrali termoelettriche (in particolare all’esposizione a vanadio).
Convenienza del carbone: per chi?
Bisogna sfatare poi i falsi miti sul basso costo e sulla grande disponibilità delle riserve di carbone. Il basso prezzo del carbone è drogato dai sussidi statali che continuano a foraggiare la fonte fossile killer del clima: la Commissione Europea ha stimato in circa 3 miliardi di euro all’anno, 2 solo in Germania, i sussidi pubblici che hanno sostenuto la filiera del carbone tra il 2007 e il 2009 in Europa, destinati comunque all’esaurimento. A causa dei consumi sempre crescenti da parte dei paesi con economie emergenti, a partire da Cina e India, le riserve di carbone stanno diminuendo con tassi inaspettati. Secondo le stime di BP se 10 anni fa la disponibilità residua di carbone rapportata ai tassi di utilizzo era valutata in 240 anni, le ultime cifre aggiornate al 2010 sono scese addirittura a 119 anni. Continuando di questo passo tra 10 anni le riserve residue di carbone diventerebbero equivalenti a quelle di petrolio e gas, esauribili in 50-60 anni.
Il problema e’ che le imprese cercano sempre di massimizzare i loro profitti aumentando se possibile i prezzi dei loro prodotti e minimizzando i loro costi.
Pertanto e’ ovvio e scontato che un qualsiasi operatore energetico preferisca usare il combustibile più economico (ovvero sporco) rispetto a quello pulito ma più costoso.
Per questo motivo le centrali peggiori (più inquinanti) si trovano sempre nei paesi e nei luoghi dove il controllo sociale e il potere politico sono deboli.
Il clima: preoccupazioni del Vaticano
“I cambiamenti causati dall’uomo nella composizione dell’atmosfera e nella qualità dell’aria causano, a livello globale, più di due milioni di morti premature ogni anno e mettono in pericolo le risorse di acqua e cibo – specialmente fra i tre miliardi di persone troppo poveri per avvalersi della protezione offerta dalla tecnologia… Dato che non è possibile un futuro sostenibile basato sull’uso di carbone, petrolio e gas naturale, sia per l’esaurimento delle risorse che per i connessi danni ambientali (come quello causato, ad esempio, dall’innalzamento del livello del mare), esortiamo la società a: -Ridurre senza ulteriori indugi le emissioni di biossido di carbonio -Ridurre per lo meno del 50% la concentrazione di inquinanti atmosferici che contribuiscono al riscaldamento globale (particelle carboniose, metano, ozono troposferico e idrofluorocarburi), allo scopo di rallentare il riscaldamento climatico nel corso del secolo attuale, prevenendo in questo modo anche milioni di morti premature causate da malattie respiratorie e milioni di tonnellate di perdite nei raccolti ogni anno.”
(Workshop dell’Accademia Pontificia delle Scienze su Destino dei Ghiacciai di Montagna nell’Antropocene – 2, 4 aprile 2011)
Un investimento di 2,5 mld a Porto Tolle?
Enel gioca sul miraggio di 2,5 miliardi di investimenti per rassicurare istituzioni, politica e sindacati locali. Ma è così? In realtà solo il 30% dell’investimento per una grande centrale e’ lavoro locale. Ma il guaio è che questa occupazione non e’ duratura e non e’ strutturale. La costruzione di una centrale impegna fino a 2000 persone ma soltanto per 2-3 anni. Dopo di che, una volta finita la costruzione della centrale, i posti di lavoro per l’esercizio della centrale si riducono a qualche centinaio di persone soltanto.
Confrontiamo l’occupazione: perché il nostro SI alle altre fonti
Lo scenario Energy Revolution, assunto come uno dei tre principali scenari di riferimento nell’ultimo rapporto sulle fonti rinnovabili dell’IPCC, fornisce indici di costo delle varie fonti energetiche (espressi da un rapporto $/kW e differenziati in costi di costruzione degli impianti e costi di funzionamento-manutenzione) e indici di intensità occupazionale (espressi dal rapporto Unita Lavoro Annue – ULA/MW).
Applicando questi indici al valore complessivo dell’investimento che Enel effettuerebbe su Porto Tolle per la riconversione della centrale a carbone, possiamo dire che con 2.5 mld di euro:
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Si possono costruire 2,5 GW di eolico onshore, produrre 3,8 TWh/anno e occupare 3850 persone per 10 anni
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Si possono costruire 0.8 GW di solare FV, produrre 1 TWh/anno e occupare 3070 persone per 10 anni
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Si possono costruire 1,1 GW a biomasse, produrre 4,3 TWh/anno e occupare 470 persone per 10 anni
Fonte |
Potenza installata (GW) |
Produzione (TWh/anno) |
Posti di lavoro previsti |
|
Costruzione, fabbricazione e installazione (persone anni) |
Funzionamento e mantenimento |
|||
Eolico Onshore |
2.5 |
3.8 |
38.500 |
1000 |
Solare FV |
0.8 |
1 |
30.700 |
320 |
Biomasse |
1.1 |
4.3 |
4.700 |
3410 |
Carbone |
2 |
13 |
12.000 |
200 |
Come si vede in tabella, a regime i posti di lavoro sono sempre maggiori per gli investimenti in altre fonti, mentre nella fase di costruzione solo investimenti a biomasse sono inferiori al carbone (ma sono quasi 15 volte superiori i posti stabili di lavoro). Un calcolo simile può essere operato adottando gli indici di resa occupazionale ed ambientale individuati da Confindustria per l’efficienza energetica, nello studio “Proposte di Confindustria per il Piano Straordinario di EFFICIENZA ENERGETICA 2010″. Una nostra elaborazione di quegli indici dice che investimenti in efficienza per un ammontare di 2,5 miliardi di euro corrispondono a:
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245.000 ULA (vs. le 18.000 previste per la conversione e il funzionamento della centrale a carbone); ergo l’occupazione in efficienza energetica ha un impatto occupazionale oltre 10 volte superiore a quello della centrale a carbone;
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una riduzione nelle emissioni di CO2 di 30 milioni di tonnellate in 10 anni (mentre la centrale a carbone, nello stesso periodo, ne emetterebbe 300 mln). Un investimento di 2,5 mln di euro in efficienza, se impiegato in alternativa al piano Enel previsto per P. Tolle, comporterebbe un saldo di riduzione delle emissioni di 330 mln di tonn.
Infine, lo scenario alternativo a gas a ciclo combinato, richiederebbe un investimento inferiore a meno della metà di quello per la centrale a carbone, e presenterebbe un’occupazione temporanea di 6.800 persone per anno, e un’occupazione a regime di circa 100 persone.
Il progetto “Accendi il Risparmio”, svolto in Veneto nel 2009 ha evidenziano consumi di energia primaria negli edifici esaminati di oltre 230 kWh/(m2 anno). Gli interventi ipotizzati porterebbero a risparmi dell’ordine del 60%, 30%, 20% con interventi decrescenti per impegno finanziario del committente.Essi comportano lavoro, diretto negli interventi ed indiretto nella fornitura, nei settori edile, pannelli termoisolanti, termo meccanica, impianti termici, impianti di ventilazione, domotica, porte e finestre ad alte prestazioni, fotovoltaico e solare termico. In sostanza il comparto produttivo del Veneto, oggi in sofferenza. In termini di occupazione, nel decennio 2010-2020, il Veneto potrebbe fruire di un’occupazione di circa 100-130.000 posti di lavoro e una cauta proiezione sull’area di Porto Tolle porta a oltre 3000 nuovi posti di lavoro (strutturali e non temporanei).
Bibliografia:
Energy [R]evolution. Uno scenario energetico sostenibile per l’Italia, GreenPeace, 2009
Carbone: ritorno al passato, Legambiente, 2010
Power Switch, WWF, 2006
Il confinamento della CO2: un’illusione, GreenPeace, 2010
Scelte energetiche per il futuro del Paese, Italia Nostra, 2010
Quarto Rapporto IPCC, 2007
Destino dei Ghiacciai di Montagna nell’Antropocene, Accademia Pontificia delle Scienze, 2011
La VIA che non va a Porto Tolle, Olga Chitotti , 2011
Energia e lavoro sostenibile, Osservatorio Energia e Innovazione Ires-Cgil, 2011
Piano Straordinario di efficienza energetica, Confindustria, 2010
Accendi Il Risparmio, Relazione conclusiva, Legambiente Veneto, 2009