Chernobyl, 25 anni dopo
Una situazione ancora tragica per chi vive nelle zone contaminate
Tragica la situazione nella centrale dove il sarcofago deve essere ricoperto da un’altra opera faraonica per evitare un nuovo incidente
Legambiente continua ad aiutare le popolazioni colpite con il Progetto Rugiada: un aiuto concreto ai bambini di Chernobyl
Sono passati 25 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, avvenuto il 26 aprile del 1986. Per 10 giorni consecutivi la nube radioattiva sprigionatasi a seguito all’esplosione alla centrale nucleare ha rilasciato diversi materiali radioattivi, la cui ricaduta ha interessato prevalentemente le popolazioni di Bielorussia, Russia e Ucraiana. Una tragedia di grandissime dimensioni che ancora oggi, a distanza di venticinque anni, continua a essere drammatica per gli effetti devastanti del fallout radioattivo. Basti pensare che il 20% del territorio agricolo e il 23% delle foreste della Bielorussia sono state contaminate a causa della ricaduta al suolo dei radiosotopi radioattivi, contaminado così la catena alimentare.
“Ancora oggi – afferma Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente - 7 milioni di persone vivono nelle zone più contaminate in Bielorussia, Russia e Ucraina, e sono costrette tutti i giorni a nutrirsi con cibo fortemente radioattivo. Inoltre tutte le aree colpite dall’incidente del 26 aprile 1986 sono a oggi significativamente contaminate secondo gli ultimi monitoraggi effettuati e il rischio dal punto di vista sanitario per le popolazioni residenti continua a essere molto elevato: i tumori tiroidei in primo luogo, ma anche numerose altre patologie risultano essere in continuo aumento. Infatti nutrirsi con una dieta altamente radioattiva comporta un abbassamento significativo delle difese immunitarie dell’organismo che facilita l’insorgenza di patologie di vario tipo. I bambini – continua Angelo Gentili – sono i soggetti meno garantiti e che soffrono di più di questa situazione proprio perchè i loro organismi in accrescimento sono vere e proprie spugne anche rispetto all’assorbimento di radionuclidi quali il Cesio 137 e lo Stronzio 90. Nonostante tutto ciò si assiste a una politica volta a minimizzare le conseguenze ambientali dell’incidente nucleare sia con l’abbassamento dei livelli di radioattività (ovviamente solo sulla carta) sia tramite la ripopolazione delle aree più pericolose e l’avvio di coltivazione in loco e allevamento del bestiame. Tra l’altro funghi e legname altamente contaminato oltre che sul mercato nazionale vengono esportati in modo notevole sui mercati europei”.
Tutt’ora la centrale è coperta da un sarcofago, costruito a partire da metà giugno 1986 e finito 206 giorni dopo. Novantamila furono i lavoratori coinvolti in questa impresa faraonica dell’età contemporanea, per la quale si resero necessarie 300.000 tonnellate di calcestruzzo e 1.000 tonnellate di strutture metalliche. Secondo studi effettuati da esperti del settore, si stima che la quantità di materiale radioattivo altamente pericoloso contenuto all’interno del sarcofago è di circa 200 tonnellate. Al suo interno si trova ancora oggi il 95% del materiale radioattivo presente al momento dell’incidente. Ma dal sarcofago fuoriescono polveri radioattive in quanto è ricoperto di buchi e crepe (più di 100 metri quadri), è fortemente instabile e il rischio di un collasso della struttura è molto elevato. Sono iniziati i lavori per la realizzazione di un nuovo sarcofago denominato l’arco, per il quale saranno necessarie 29 mila tonnellate di strutture metalliche, tre volte il peso della torre Eiffel, con un’altezza di 105 metri, come un palazzo di 30 piani o come l’altezza della Statua della libertà, una lunghezza di 150 metri, quasi come 2 campi di calcio. Per realizzarlo i costi complessivi sono di 1 miliardo e 600 milioni di euro, e attualmente mancano ancora molte risorse economiche per ultimare l’opera faraonica.
Legambiente continua a rimanere con le popolazioni vittime del disastro di Chernobyl oltre che con la denuncia alla comunità internazionale di una situazione sempre più grave, con un progetto di solidarietà concreta: il Progetto Rugiada. Nato nel 1994 per monitorare i bambini colpiti dalle radiazioni ospitandoli per un mese presso il centro specializzato di Vilejka. La struttura è situata tra i boschi e sulla riva di un lago, dove i piccoli vengono seguiti con programmi specifici, sia di tipo medico che pedagogico, con lo scopo di riscontrare possibili forme tumorali. Per tutto il periodo dell’accoglienza viene fornito loro cibo sano e non contaminato dalle radiazioni. Per avere informazioni a riguardo è possibile consultare il sito www.solidarietalegambiente.org, o chiamare il numero 0564.48771. Inoltre per contribuire al Progetto Rugiada è possibile fare una donazione su C/C postale 12075586 intestato a Legambiente Solidarietà o tramite bonifico bancario intestato a Legambiente Solidarietà, Codice Iban – IT 43 E 050 1802 8000 00000513351.
Marco Bigozzi
Ufficio Stampa Circolo Festambiente
LEGAMBIENTE
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