Parole al vento di Tosi sul nucleare
IL RITORNO AL NUCLEARE E’ COSTOSO, PERICOLOSO E AMBIENTALMENTE NON SOSTENIBILE
“Il nucleare si conferma, a differenza di quanto sostenuto dal sindaco di Verona Tosi, una scelta insicura e costosa” – dichiara Michele Bertucco, Presidente di Legambiente Veneto – perché ci allontana da scelte prioritarie quali risparmio energetico e fonti rinnovabili. Chiediamo, invece, che l’Italia si metta alla testa della strategia Ue di riduzione delle emissioni e di sviluppo dell’efficienza delle rinnovabili, e come associazione mettiamo in campo iniziative e impegni nostri concreti in questa direzione. La rivoluzione che vogliamo ha, quindi, obiettivi precisi: si propone subito, in tutta Europa e nel mondo, di ridurre in dieci anni del 20% il consumo complessivo di energia attraverso risparmio e maggiore efficienza, di far dipendere per almeno il 20% il fabbisogno energetico da fonti rinnovabili e di ridurre del 30% le emissioni di gas che alterano il clima sulla terra.
“In Italia ogni cittadino deve ancora sostenere – e forse come il sindaco Tosi non lo sa – ingenti spese per coprire i buchi lasciati dall’eredità nucleare del passato” – spiega Legambiente.
Per procedere alla “rottamazione” delle centrali chiuse dopo il 1987 è stata creata un’apposita azienda, la Sogin. Per finanziarla – denuncia Legambiente – i cittadini italiani pagano in media 150 milioni di euro l’anno, prelevati direttamente dalla bolletta elettrica sotto la voce A2. Ed è l’agenzia di rating Moody’s a sottolineare nel 2008 come “le speranze riposte nel nucleare sono sovrastimate” – evidenzia Legambiente ricordando che nel valutare i costi del nucleare bisognerebbe considerare l’intero ciclo di vita del processo: dai fondi destinati alla ricerca e sviluppo delle tecnologie, fino ai finanziamenti necessari alla chiusura delle centrali e a quelli da investire per individuare i siti di stoccaggio delle scorie. “Voci di spesa che puntualmente vengono omesse dai calcoli di previsione ma che poi finiscono per pesare sui bilanci dei contribuenti”.
Nella ricerca il nucleare gioca il ruolo dell’asso piglia tutto. Dalla metà degli anni ’70 ad oggi, secondo i dati forniti dalla IEA (Agenzia Internazionale dell’Energia) i paesi industrializzati hanno garantito agli studi sulla fissione e sulla fusione il 48% delle spese pubbliche destinate alla ricerca nel settore energia. Alle rinnovabili, nello stesso arco di tempo, è andato solo il 9%. Proprio l’Italia rappresenta uno dei casi più eclatanti. In un paese che nel 1987 ha detto no alle centrali con un referendum popolare, il nucleare continua a essere la fonte che nel 2006 ha assorbito più finanziamenti nel campo della ricerca sbarrando la strada alle rinnovabili e all’efficienza energetica. Il nucleare ha continuato a rappresentare non una ma la principale voce di spesa nel campo della ricerca italiana in campo energetico, riuscendo ad assorbire negli ultimi 15 anni il 53 per cento dei fondi, contro il 10 per cento per le rinnovabili.
Nei mesi scorsi la discussione in Italia ha avuto come riferimento quanto dichiarato da Enel come stima per i costi di costruzione di una centrale da 1.700-1800 MW che si aggirerebbe tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro e dunque 1800 e 2000 euro a kW. Il problema è che in tutte le stime a livello internazionale la cifra è ben superiore. In Finlandia, con il cantiere dell’EPR ancora in corso, le cifre dei costi effettivi superano già i 5 miliardi di euro per la stessa tipologia di centrale proposta da Enel. Tra le valutazioni più ottimistiche quella fatta nel 2007 dal Keystone Center, secondo cui una nuova centrale negli Stati Uniti costerebbe tra i 3600 e i 4000 dollari per kW per una spesa complessiva di almeno 6 miliardi e mezzo di dollari per un reattore da 1800 MW. Più cauto è il mondo finanziario. Moody’s Investors service ha valutato la necessita di 7000 dollari per kW di investimento iniziale. In Europa invece una delle ultime valutazioni è stata fatta dalla E.On, il colosso tedesco dell’energia, secondo cui bisogna prevedere un costo di almeno 6 miliardi di euro per un reattore da 1600 MW.
“Occorre che il governo chiarisca quali sarebbero i vantaggi per il Paese e i cittadini – conclude Bertucco -. Il nucleare viene presentato come strumento di lotta ai cambiamenti climatici, ma nella realtà rischia di tagliare fuori l’Italia dagli obiettivi di riduzione previsti dall’Unione Europea al 2020: il 20% di riduzione delle emissioni di CO2 – 30% nel caso di accordo internazionale -, il 20% di produzione energetica da rinnovabili e il 20% di miglioramento dell’efficienza energetica”.
Rovigo, 20 ottobre 2010
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