Il bilancio finale della Goletta Verde di Legambiente
169 i punti critici del mare italiano, uno ogni 44 km di costa
È emergenza foci: 132 quelle risultate off limits
Campania, Calabria e Sicilia in vetta alla classifica del mare inquinato
L’Italia in procedura d’infrazione per i 18 milioni di italiani senza depuratore
Legambiente: “Senza investimenti in arrivo multe salate che l’Europa non condonerà”
Rischio Louisiana nei mari italiani: attive 9 piattaforme off-shore, 24 permessi di ricerca già rilasciati, 41 nuove richieste di trivellazione, 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi movimentati ogni anno
Sardegna e Puglia regine del mare pulito
295 località premiate dalla Guida Blu 2010 di Legambiente e Touring Club
169 punti critici minacciano la salute del mare italiano, uno ogni 44 km di costa. Inquinate ben 132 foci di fiumi. A Campania, Calabria e Sicilia la maglia nera per l’inquinamento del mare dell’estate 2010.
Il 15% degli italiani è privo di allacciamento alla rete fognaria, mentre addirittura il 30%, pari a 18 milioni di cittadini, scarica i propri reflui non depurati direttamente nei fiumi, nei laghi o in mare.
Sardegna e Puglia invece si distinguono in positivo anche per l’assegnazione delle vele, il riconoscimento ottenuto dai comuni costieri con la Guida Blu 2010 di Legambiente e Touring Club.
È questo il bilancio finale di Goletta Verde – la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo di Consorzio Ecogas e Novamont – presentato oggi a Capalbio alla presenza di Stefano Ciafani, responsabile scientifico Legambiente; Angelo Gentili, Segreteria nazionale Legambiente; Barbara Meggetto, portavoce Goletta Verde; Luigi Bellumori, Sindaco di Capalbio, e Andrea Di Stefano, responsabile relazioni istituzionali Novamont.
Una navigazione di oltre 2.000 miglia in 25 tappe per due mesi, per fare un check up del mare italiano, ma anche per denunciare i casi di accesso negato alla spiaggia, gli abusi edilizi sul demanio marittimo, i nuovi e inutili porti turistici e le minacce energetiche che assediano le coste italiane: il petrolio – con le trivellazioni off-shore, le raffinerie lungo costa e il traffico di petroliere via mare -, il rischio di nuove centrali nucleari o a carbone.
Nella sua XXV edizione, Goletta Verde ha puntato i riflettori sui punti critici dell’ecosistema marino-costiero analizzando le foci dei fiumi e i tratti di mare interessati da fenomeni di inquinamento causati dalla mancata o scarsa depurazione o da scarichi illegali. E il bilancio di questo viaggio è tutt’altro che positivo: è emerso un punto critico ogni 44 km di costa ed è risultato gravemente inquinato l’87% dei campioni contaminati, rilevati dai biologi del Cigno Verde con valori di batteri di origine fecale superiori al doppio dei limiti di legge. Numeri che evidenziano un netto peggioramento rispetto allo scorso anno, quando era risultato fortemente contaminato l’81% dei campioni analizzati.
In vetta alla poco onorevole classifica del mare inquinato si piazzano Campania (24 punti critici, 1 ogni 20 km di costa), Calabria (22 punti critici, 1 ogni 32 km di costa) e Sicilia (20 punti critici, 1 ogni 74 km di costa).
Si distinguono in positivo, invece, la Sardegna e la Puglia. Non solo la Sardegna fa registrare un punto critico ogni 247 km di costa, ma vanta anche 3 località premiate con le Cinque Vele della Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano e altre 11 segnalate con quattro vele. La Puglia, invece, fa registrare un punto critico ogni 79 km di costa e vanta 3 comuni insigniti del massimo riconoscimento della Guida Blu e altri 10 premiati con le quattro vele. Vanta 3 località a Cinque Vele anche la Toscana, che conta anche 5 comuni a quattro vele.
I dati emersi dalle analisi di Goletta Verde sulle foci dei corsi d’acqua fotografano un pessimo stato di salute dei fiumi italiani, tracciando un quadro da emergenza nazionale. I fiumi sono la maggiore fonte di inquinamento per le acque dei nostri mari, a conferma che gli scarichi fognari non trattati derivano soprattutto dai comuni dell’entroterra. Su 169 punti critici sono infatti 132 quelli rilevati alle foci, l’87% delle quali sono risultate fortemente inquinate.
L’inquinamento da scarichi fognari rilevato dal laboratorio mobile di Goletta Verde è causato da un insufficiente o inesistente servizio di depurazione. Secondo i dati del rapporto Blue Book 2009 di Utilitatis e Anea, il 30% degli italiani non può usufruire di un depuratore. La Regione in cui si registra il deficit maggiore è la Sicilia dove 2,3 milioni di persone scaricano i propri reflui direttamente nei fiumi o in mare senza alcun trattamento. A seguire la Lombardia e la Campania dove il servizio di depurazione non è garantito per 2,1 e 1,9 milioni di cittadini.
Un deficit impiantistico che ha determinato l’avvio, nel giugno 2009, di una procedura d’infrazione a parte della Commissione Europea nei confronti dell’Italia per la violazione della direttiva 1991/271/CE sul trattamento dei reflui urbani, e in particolare per il mancato adempimento da parte di ben 178 comuni italiani. Tra le regioni sotto accusa figurano la Sicilia, con 74 comuni tra cui diversi capoluoghi di provincia come Palermo, Catania, Messina, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento; la Calabria con 32 comuni tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme e Crotone; in Campania figurano città come Napoli, Salerno, Avellino, Caserta e Benevento.
“L’inquinamento del mare italiano causato dall’assenza di depuratori per 18 milioni di cittadini è davvero imbarazzante per il settimo paese più industrializzato al mondo – dichiara Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Rischiamo pesanti multe per la procedura d’infrazione sul mancato trattamento delle acque reflue, ma l’Europa non concederà condoni al nostro Paese, storicamente abituato a questo strumento che premia solo i furbi. Servono 30 miliardi di euro per completare la rete di fognatura e depurazione: il Governo e gli enti locali si attivino subito per trovare le risorse economiche necessarie a questa grande opera pubblica, anche per evitare di spendere inutilmente i soldi dei contribuenti per imperdonabili sanzioni comunitarie”.
L’estate 2010 si è caratterizzata anche per il cambio di normativa sulla balneazione che rischia di rendere il “mare italiano pulito per decreto”.
“La situazione di inquinamento del mare italiano e dei corsi d’acqua evidenziata dal nostro monitoraggio – sottolinea Barbara Meggetto, portavoce di Goletta Verde – è emersa nonostante quest’anno sia entrata in vigore la nuova legge sulle acque di balneazione, con criteri molto più permissivi rispetto alla precedente normativa. Contrariamente a quanto fatto nel 1982, quando l’Italia scelse la strada della severità e del rigore rispetto agli standard europei, costruendo una delle reti di monitoraggio migliori in Europa, stavolta il nostro Paese ha approfittato dell’opportunità concessa dalla direttiva comunitaria allargando le maglie sulla balneabilità. Un passo indietro normativo che ha fatto classificare come balneabili alcuni tratti di costa che, fino a pochi mesi fa, non lo erano”.
Per citare qualche caso esemplare nelle regioni con il mare più inquinato d’Italia, in Calabria a fine giugno sono stati classificati come balneabili 18 dei 22 chilometri interdetti alla balneazione fino allo scorso maggio, quando era in vigore la normativa precedente. Situazione del tutto simile in Campania, dove a fine giugno sono state classificate come balneabili dieci spiagge interdette alla balneazione fino allo scorso maggio in provincia di Napoli e quattro in provincia di Salerno.
A minacciare mare e litorali italiani, purtroppo, non ci sono solo i batteri fecali, ma anche le speculazioni e il cemento lungo la costa. Come denunciato dal rapporto di Legambiente Mare Monstrum 2010, infatti, l’abusivismo edilizio su demanio marittimo nel 2009 è cresciuto del 7,6% rispetto all’anno precedente, facendo registrare ben 3.954 illeciti.
Oltre a case, ville, residence e alberghi vista mare, assediano le coste anche i progetti di porti. L’assalto degli approdi turistici infatti, si conferma uno degli escamotage più efficaci per urbanizzare la costa, derogando e aggirando i piani urbanistici. E tutto ciò nonostante lungo le coste del Belpaese siano già disponibili 130 mila posti barca e uno studio Ucina, l’associazione degli imprenditori della nautica aderente a Confindustria, elaborato nel 2008 stimi che, senza aggiungere un metro cubo di cemento in più sulle coste italiane, ma semplicemente riorganizzando, ristrutturando e adeguando i bacini già oggi esistenti lungo la Penisola, si potrebbero realizzare 40 mila nuovi posti barca, di cui 13.500 da realizzare entro sei mesi.
Tra i nuovi pericoli che minacciano mare e coste italiane, inoltre, Goletta Verde ha denunciato il “rischio Louisiana”, ossia i pericoli di sversamento di greggio in mare derivanti dalle trivellazioni petrolifere off-shore e dal trasporto marittimo di idrocarburi.
Nei nostri mari oggi operano 9 piattaforme da cui si estrae olio greggio. Due sono localizzate di fronte la costa marchigiana (Civitanova Marche – MC), tre di fronte quella abruzzese (Vasto – CH) e le altre quattro nel canale di Sicilia di fronte il tratto di costa tra Gela e Ragusa.
Considerando le attività delle piattaforme estrattive, delle 12 raffinerie e dei 14 grandi porti petroliferi italiani, ogni anno viaggiano nelle nostre acque territoriali oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi. Cifre che fanno conquistare all’Italia un posto in prima linea in fatto di esposizione al rischio di incidente e sversamento di petrolio.
Ad oggi la folle corsa all’oro nero made in Italy ha portato alla concessione di 95 permessi di ricerca di idrocarburi, di cui 24 a mare, interessando un’area di circa 11 mila chilometri quadrati (kmq). A queste si devono aggiungere le 65 istanze presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 a mare per una superficie di 23 mila kmq. In particolare sono interessati il mar Adriatico centro-meridionale, lo Ionio e il Canale di Sicilia. Sotto assedio anche mare e coste sarde, sulle quali pendono quattro istanze per un totale di 1.838 kmq nel golfo di Oristano e di Cagliari, e lo splendido specchio di mare tra l’isola d’Elba e quella di Montecristo, 643 kmq in pieno Santuario dei Cetacei all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre le 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del Ministero dello sviluppo economico, sono ancora recuperabili da mare e terra italiani. Ma il gioco non vale la candela. Infatti, visto che il Paese consuma 80 milioni di tonnellate di petrolio l’anno, le riserve di oro nero made in Italy agli attuali ritmi di consumo consentirebbero all’Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi. Estrarre il greggio nostrano sarebbe una vera ipoteca sul nostro futuro e sulle prospettive di sviluppo di un turismo di qualità lungo i nostri litorali.
Non solo tasti dolenti, ma anche note positive. Il periplo di Goletta Verde lungo la Penisola ha messo a fuoco anche le eccellenze dei nostri litorali e ha promosso la conservazione della biodiversità e le Aree Marine Protette. Sono ben 295, infatti, le località costiere che si distinguono per tutela dell’ambiente e promozione del turismo sostenibile inserite nelle Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano, divise in una classifica che va da una a cinque vele, il massimo riconoscimento. Le regine delle vele dell’estate 2010 sono la Sardegna, la Puglia e la Toscana. Le Cinque Vele sventolano su 14 località: Pollica (Sa), Cinque Terre (Sp), Ostuni (Br), Capalbio (Gr), Castiglione Della Pescaia (Gr), Nardò (Le), Capraia (Li), Salina (Me), San Vito lo Capo (Tp), Bosa (Or), Baunei (Og), Noto (Sr), Posada (Nu) e Otranto (Le), mentre altre 42 località hanno conquistato le quattro vele.
La conferenza stampa di chiusura della Goletta Verde è stata l’occasione per assegnare al sindaco di Capalbio (Gr) la bandiera con le cinque vele per l’ottimo livello di sostenibilità e per la tutela dell’area costiera e del territorio aperto (ambiente, paesaggio, economia rurale e agricoltura). Molte le iniziative rivolte alla promozione e valorizzazione dei prodotti tipici locali. Continua l’impegno nella raccolta differenziata dei rifiuti e sul fronte della diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e del risparmio energetico, con una particolare attenzione all’efficienza degli edifici pubblici. Dall’attenzione al risparmio delle risorse deriva il nuovo percorso intrapreso per giungere alla certificazione ISO 14001 e alla registrazione Emas II.
Come di consueto, a bordo di Goletta Verde hanno viaggiato anche i progetti di Legambiente di promozione dell’energia sostenibile – come “Nucleare? Respingilo al mittente!”, “Firma per le rinnovabili, no al nucleare” – ed altre iniziative come “Handiamo!”, “2010, Anno Internazionale della Biodiversità”, “Legambiente Turismo”, “Stop ai sacchetti di plastica” e la promozione del Gpl nella nautica.
Nella sua XXV edizione Goletta Verde ha viaggiato grazie al 5×1000 degli italiani e anche grazie ai contributi del Consorzio Ecogas, che promuove l’alimentazione a GPL non solo per automobili e scooter, ma anche per la nautica, e Novamont, azienda leader nella progettazione e produzione di bioplastiche, dagli shopper alle stoviglie.
Per la tutela del mare e dell’aria, il Consorzio Ecogas è impegnato nella diffusione dei carburanti a basso impatto ambientale.
“Il Consorzio Ecogas, rappresentativo del settore gas auto, sostiene Goletta Verde per il suo impegno a favore dell’ambiente acquatico – dichiara Alessandro Tramontano, presidente del Consorzio Ecogas - in continuità con la presenza dello scorso anno sul Treno Verde e in linea con la caratteristica di ecocompatibilità di GPL e metano, carburanti a basso impatto ambientale, economici e sicuri, disponibili da subito per aiutare l’ambiente. Nel nostro Paese sono utilizzati da quasi 2 milioni di veicoli: autovetture, autobus, mezzi commerciali, scooter. E ora, grazie a nuove normative, anche dalle imbarcazioni. Quello che auspichiamo è uno sviluppo concreto paragonabile a quanto già avviene per le quattro ruote. Ciò avrebbe importanti e positive ripercussioni economiche ed occupazionali, salvaguardando nel contempo ambiente marino e acque interne. In termini di sviluppo, si potrebbe anche pensare a un 10% di natanti a GPL nell’ambito dell’utilizzo diportistico e da lavoro nel giro di qualche anno”.
L’applicazione del GPL alle imbarcazioni da diporto e da lavoro – così come per la corretta fruizione delle aree marine protette – può contribuire notevolmente al rinnovo ecologico del settore nautico. “Gli obiettivi di Kyoto – sottolinea Rita Caroselli, direttore di Assogasliquidi – sono sempre più stringenti e riguardano ormai tutti i settori industriali. Anche il settore della nautica e soprattutto quello del diporto, sono chiamati in causa dalla normativa europea e come per l’autotrazione serve una soluzione immediata. Il GPL è una soluzione, in quanto risorsa immediatamente disponibile. Gode inoltre di un riferimento esplicito nella direttiva europea riguardante le barche e i motori per uso diportistico proprio perchè offre un vantaggio ambientale considerevole: un motore a GPL presenta una riduzione del 10-15% delle emissioni di CO2 rispetto ad un motore a benzina”.
Una delle minacce più rischiose per la vita del Mare Nostrum e non solo – come testimoniato anche dal rapporto UNEP Marine Litter: a global Challenge – sono proprio i rifiuti gettati in mare, costituiti per circa il 60% da buste, bottiglie e oggetti di plastica. Anche per fronteggiare questa emergenza, il nostro Paese ha approvato una importante legge che prevede entro la fine del 2010 il bando ai sacchetti in plastica tradizionale e la loro sostituzione con borse riutilizzabili e sportine in bioplastica. Ad oggi sono 150 i comuni che hanno già emesso un’ordinanza per vietare la distribuzione dei sacchetti in plastica e 250 le municipalità che hanno manifestato l’intenzione di adottare il medesimo provvedimento.
“Siamo molto soddisfatti – dichiara Andrea Di Stefano, responsabile relazioni istituzionali di Novamont – dell’attenzione suscitata nei confronti dei temi che stanno più a cuore alla nostra azienda: l’adozione di sistemi che permettano di ridurre alla fonte la produzione di rifiuti adottando modelli virtuosi basati sull’educazione ambientale, la raccolta differenziata della frazione organica, stili di vita improntati al risparmio delle risorse e alla riduzione dello spreco. Auspichiamo che le dichiarazioni di tanti amministratori locali si possano trasformare in impegni concreti per ripensare la sostenibilità dei territori rispettando la biodiversità ambientale, sociale e culturale”.
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