Un’altra casa?Non nel Veneto
LEGAMBIENTE HA PRESENTATO OGGI IL DOSSIER SUL CONSUMO DI SUOLO IN ITALIA
Nel Veneto dal 1995 al 2006 costruzioni per 102.240.036 metri quadrati. Una colata di cemento senza fine. Nel dossier di Legambiente i casi Motorcity, Tesseracity e Venetocity
Quattro milioni di abitazioni realizzate negli ultimi 15 anni, un milione di case vuote nelle grandi città a fronte di un rilevantissimo disagio abitativo, con oltre 110mila famiglie sfrattate solo negli ultimi due anni, e una forte crisi del settore edilizio. E’ questa la situazione del “mattone” in Italia, sulla quale si è fatto il punto oggi nel convegno Un’altra casa? organizzato a Roma da Legambiente.
L’associazione ha presentato, per l’occasione, tutti i numeri sulla situazione del cemento e del consumo di suolo nel nostro Paese, ma anche le sue proposte per dare risposta ai problemi delle città italiane e rilanciare il settore delle costruzioni, che attraversa una delle più gravi crisi che si ricordino e ha già lasciato negli ultimi due anni senza lavoro almeno 200.000 persone e portato alla chiusura di 15mila imprese edili.
Impressionanti nel dossier di Legambiente i dati che riguardano le regioni del Nord ed il Veneto in particolare. Nella nostra regione – dichiara Michele Bertucco Presidente di Legambiente Veneto- la corsa alla cementificazione dei suoli non si arresta e la quantità di superficie occupata da operazioni edilizie tra il 1990 ed il 2000 è aumentata di oltre 60 km2. Al 2006 il dato Ispra vede la Regione all’8,1% di superficie artificiale, con quasi 1.500 chilometri quadrati. Un territorio, quello veneto, che nel decennio 1995-2006 ha visto avallate concessioni per oltre 100 km2 tra nuovo edificato ed ampliamenti con un vero e proprio boom di edilizia residenziale nuova, con oltre 45 km2! Cifra che diventa ancor più rilevante se si considerano le caratteristiche orografiche del territorio che per il 29,1% presenta rilievi scarsamente adatti all’edificazione “estensiva”.
La fotografia del territorio veneto denuncia l’assenza negli ultimi dieci anni di politiche per il governo del territorio volte ad arrestare il fenomeno del consumo di suolo, mentre è stata incessante la spinta al rilancio infrastrutturale che ha portato a mettere in moto una lunga serie di interventi stradali che non hanno fatto altro che creare altre aree interstiziali da cementificare (autostrade, viadotti, ecc). Le nuove arterie stradali previste come l’autostrada Nuova Romea, la Valdastico, il raccordo autostradale Nogara-Mare e la Superstrada Pedemontana Veneta andranno a sovrapporsi al già fitto reticolo stradale e autostradale preesistente diventando l’ennesima struttura portante per profonde operazioni immobiliari.
Si delinea uno scenario preoccupante con un trend che non sembra subire flessioni.
Anche per le città si registrano incrementi tra i più elevati a livello nazionale tra le città monitorate da ISPRA. La superficie impermeabile ogni anno a Verona, Venezia e Padova aumenta dell’ 1%, di media. In valore assoluto Venezia “perde” almeno 1,5 km2 di superficie permeabile. A Padova il 41,5% del suolo è ormai pavimentato mentre Venezia segue con il 30,2% per un totale rispettivamente di 3.839.000 m² e 124.770.000 m²; Verona è al 28% che corrisponde però ad una cifra consistente di territorio stimato in 57.870.000 m².
Superficie impermeabile
|
Sup. Impermeabile (km2) 1998-1999 |
Sup. Impermeabile (km2) 2005-2007 |
Sup. Impermeabile (km2) 2005-2007 |
Aumento annuo Sup. impermeabile (%) |
Aumento annuo Sup. impermeabile (km2) |
Verona |
49,71 |
53,77 |
26,0 |
0,88 |
0,45 |
Padova |
35,45 |
38,55 |
41,5 |
1,05 |
0,39 |
Venezia |
112,65 |
124,72 |
30,2 |
1,28 |
1,51 |
Sono due i fenomeni più rilevanti e drammatici prodotti da questi anni di urbanizzazione. Il primo è rappresentato dalle periferie delle principali aree urbane, che sono cresciute senza alcun progetto metropolitano e ambientale, senza servizi e senza trasporto urbano. E la questione del disagio non riguarda solo l’accesso alla casa, ma più in generale la qualità della vita in queste periferie, prive di efficienti collegamenti ferroviari e metropolitani e da cui i residenti sono costretti a spostarsi in auto, senza speranze che la situazione migliori nei prossimi anni. Il secondo è la crescita dissennata di seconde case sulle aree costiere e, in generale, nei territori più belli e sensibili del Paese.
“Negli ultimi sei mesi ci sono stati ben otto tentativi di far passare un nuovo condono – ricorda Bertucco – e nella manovra in discussione in questi giorni alla Camera si scambia la semplificazione con una deregulation esasperata. Ciò dimostra l’incapacità della nostra classe dirigente di pensare a un modello di sviluppo che valorizzi le vere ricchezze del nostro Paese e la sua inadeguatezza ad affrontare le questioni edilizie e abitative. Oltre a peggiorare la qualità della vita delle persone, l’urbanizzazione selvaggia le espone a nuovi rischi, perché nulla si fa sul fronte della sicurezza idrogeologica e sismica”.
Se si vuole uscire dalla crisi economica, bisogna, allora, mettere in campo nuove idee e politiche per i centri urbani, e sostituire al modello di sviluppo centrato sul mattone, che caratterizza l’Italia, un altro più moderno e attento all’innovazione energetica e tecnologica, che abbia al centro il recupero del patrimonio edilizio, fermi il consumo di suolo e dia risposta alla domanda abitativa.
“La capacità di valorizzare le qualità del territorio italiano è una chiave imprescindibile per rispondere alle sfide della globalizzazione – conclude Michele Bertucco – e senza una chiara consapevolezza politica e culturale che lo sviluppo economico imperniato sul mattone è giunto a un punto morto, non usciremo da una situazione complicata e delicata come quella che stiamo vivendo. Per mettervi mano occorre avere ben presenti gli errori che l’hanno generata. Il primo sta nel pensare che sia principalmente una questione di procedure e che la risposta sia una deregulation sempre più spinta. Il secondo è credere che le questioni edilizie e urbanistiche siano da risolvere a livello locale, con strumenti e contrattazioni a livello comunale. Con Comuni che ripianano i bilanci con gli oneri di urbanizzazione di speculazioni edilizie, ma continuano a non avere aree o soldi per realizzare gli interventi di cui ci sarebbe bisogno, a meno di non regalare altri metri cubi alla speculazione”.
Nel dossier, Legambiente ricostruisce i numeri del consumo di suolo in Italia, che ha divorato oltre 21mila chilometri quadrati e rappresenta una rilevante questione ambientale e paesaggistica. Vengono mediamente mangiati dal cemento ogni anno 500 km quadrati: circa 3 volte la superficie del Comune di Milano. Ma più che i numeri assoluti (basti dire che le aree con presenza di boschi sono cresciute tra il 1990 e il 2010 di circa il 20%) sono i processi prodotti nei diversi territori a far pensare; non è solo una questione di quantità ma soprattutto di qualità delle scelte insediative. A preoccupare sono aree dove, negli ultimi 20 anni, l’urbanizzazione ha completamente stravolto il paesaggio, spesso con conseguenze irreversibili. Il rischio più grande che l’Italia sta correndo è che non ci si renda conto che il paesaggio è la sua risorsa più preziosa. E se in teoria, il nostro è uno dei Paesi con vincoli paesaggistici più diffusi al mondo – comprendono il 47% del territorio, a dimostrazione del pregio e dell’originalità del nostro paesaggio – nella pratica queste indicazioni rimangono senza riferimenti e controlli, per i ritardi delle Regioni nel completare e aggiornare i Piani e per la latitanza del ministero dei Beni culturali, a cui si aggiunge quella dei dicasteri dell’Ambiente e delle Infrastrutture per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, l’inquinamento delle aree urbane, l’edilizia abitativa.
Il consumo di suolo in Italia al 2010
Regioni |
% superfici artificiali |
Superfici artificiali in km2 |
Valle d’Aosta |
2,0 |
70 |
Piemonte |
7,6 |
1.900 |
Liguria |
6,3 |
340 |
Lombardia |
14,1 |
3.400 |
Trentino Alto-Adige |
2,8 |
390 |
Friuli Venezia-Giulia |
9,4 |
740 |
Veneto |
11,3 |
2.100 |
Emilia-Romagna |
9,1 |
2.000 |
Toscana |
5,6 |
1.300 |
Umbria |
4,1 |
350 |
Marche |
5,5 |
540 |
Lazio |
9,1 |
1.500 |
Abruzzo |
3,4 |
360 |
Molise |
1,6 |
70 |
Campania |
10,7 |
1.450 |
Basilicata |
2,1 |
210 |
Puglia |
5,9 |
1.100 |
Calabria |
5,8 |
870 |
Sicilia |
7,4 |
1.900 |
Sardegna |
3,7 |
900 |
ITALIA |
7,1 |
21.490 |
Elaborazione Legambiente
Il boom delle costruzioni in Italia dal 1995 al 2009
Anno |
Nuove abitazioni residenziali costruite |
Abitazioni abusive costruite |
Ampliamenti abitazioni residenziali |
Nuovi fabbricati non residenziali costruiti |
1995 |
180.283 |
59.000 |
26.329 |
29.100 |
1996 |
165.425 |
36.000 |
27.002 |
28.094 |
1997 |
152.719 |
28.000 |
25.066 |
24.241 |
1998 |
151.468 |
26.000 |
24.240 |
23.572 |
1999 |
162.939 |
25.000 |
24.091 |
23.542 |
2000 |
184.424 |
23.000 |
19.191 |
21.398 |
2001 |
189.025 |
22.000 |
17.968 |
21.813 |
2002 |
209.228 |
25.000 |
19.186 |
24.416 |
2003 |
229.526 |
28.750 |
21.270 |
21.485 |
2004 |
268.385 |
32.000 |
28.113 |
21.091 |
2005 |
278.602 |
32.000 |
27.104 |
19.757 |
2006 |
261.455 |
30.000 |
28.436 |
19.351 |
2007* |
270.106 |
28.000 |
21.390 |
18.210 |
2008* |
258.897 |
28.000 |
22.196 |
16.204 |
2009* |
246.420 |
27.000 |
22.100 |
14.400 |
Totale ‘95-‘09 |
3.208.902 |
449.750 |
353.682 |
326.674 |
Fonte: Legambiente su dati ISTAT e Cresme
Rovigo, 15 luglio 2010
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