Estrazioni abusive di sabbia: un chiaro reato ambientale
SULL’OPERAZIONE ACHERONTE UNA SENTENZA CHE DA’ FIDUCIA
LE COMPLICITA’ FRA IMPRENDITORI E FUNZIONARI PUBBLICI CONDIZIONE PER COMPIERE I REATI
LE INTERCETTAZIONI STRUMENTO INDISPENSABILE DI INDAGINI SUI REATI AMBIENTALI
La condanna, seppure in primo grado, dei responsabili delle estrazioni di sabbia nel Po è un positivo segnale per chi persegue la legalità ambientale. Le lunghe indagini, cui aveva dato un suo diretto contributo Legambiente, hanno prodotto un procedimento che lasciava pochi margini al dubbio: estrarre sabbia dal Po, soprattutto dopo il divieto sancito dall’Autorità di Bacino, è un crimine contro un patrimonio comune ed è inoltre un reato fiscale che ha fruttato, per anni, notevoli profitti, tutti esentasse.
La vicenda è rivelatrice di uno scenario tutto italiano: quasi un sistema economico parallelo, che faceva capo a funzionari pubblici corrotti e ad imprenditori senza scrupoli, un meccanismo che portava nelle tasche dei funzionari compiacenti ingenti somme ed evitava i controlli: le draghe quando scavano infatti producono molto rumore e difficilmente avrebbero potuto passare inosservate. Ecco la necessità di tutelarsi da eventuali ispezioni a sorpresa, evitate grazie a dipendenti pubblici che tradiscono il proprio ruolo e si prestano ad essere complici di attività criminali.
Uno scenario che si è ripetuto in questi anni lungo il Po, protagoniste, oltre che la Procura di Rovigo, anche le Procure di Reggio Emilia e di Torino
E’ una sentenza - dichiara Michele Bertucco, presidente di Legambiente Veneto – che rafforza la convinzione che la richiesta, che Legambiente fa da quasi dieci anni, di introdurre nel codice penale il reato ambientale favorirebbe la persecuzione di reati come quello punito dal tribunale di Padova”.
Un aspetto positivo – è la convinzione di Legambiente – è dato anche dal carattere esemplare che la sentenza può assumere in procedimenti che hanno come oggetto il Po. E’ recente il grave caso di inquinamento a febbraio scorso del Lambro e del Po, un grave attentato all’integrità naturale del fiume che andrà perseguito con altrettanta severità.
Ma l’estrazione abusiva non è il solo caso di reati perpetrati sul fiume. I lavori effettuati in tanti anni per la sicurezza delle popolazioni, lavori indubbiamente necessari, possono essere anch’essi stati occasione di intese poco chiare da ricercare e perseguire: con l’urgenza infatti si possono, come abbiamo visto in altre indagini, by-passare regole e meccanismi altrimenti difficilmente aggirabili. L’augurio di Legambiente è che la sentenza “Acheronte” possa dare la spinta ad indagare anche in altre direzioni.
Né è da trascurare un aspetto delle indagini che hanno portato a tale brillante risultato: l’uso delle intercettazioni ha permesso che ci si mettesse sulla pista giusta. Un’ulteriore conferma che esse sono uno strumento di indagine senza il quale molti impostori potranno farla franca.
Rovigo, 16 giugno 2010
LEGAMBIENTE VENETO
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