Amianto: Veneto al palo
I RITARDI DEI PIANI REGIONALI PER LA BONIFICA DELL’AMIANTO
NEL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE IL PUNTO SUL LAVORO DELLE REGIONI CONTRO LA FIBRA KILLER
In Italia ancora 32 milioni di tonnellate solo di cemento amianto
9mila i malati di mesotelioma pleurico, aumentano i casi “non professionali”
Censimento al palo, mancano impianti e discariche
Quanto amianto c’è ancora in Veneto? Quanto territorio è stato bonificato? con quali tempi e dove sarà smaltito? A 18 anni dalla legge 257/92 che mise al bando la fibra killer in Italia, rispondere a queste domande è ancora molto complicato. La Regione Veneto ha approvato formalmente il Piano Regionale Amianto con Delibera della Giunta Regionale n. 5455 del 3/12/1996, ma da allora poco è stato fatto. “Più che di un Piano – ricorda Michele Bertucco, Presidente Regionale di Legambiente Veneto – si trattava di linee guida poi quasi mai applicate. Non sono stati individuati impianti e discariche e come è sempre capitato in materia di rifiuti è il privato che detta legge e non la pianificazione regionale inesistente”.
Emblematica, in questo senso, è la vicenda legata alla richiesta di autorizzazione per l’apertura di una discarica di amianto a Roverchiara, nel Veronese presentata dalla ditta NEC SRL dove appunto in assenza di programmazione regionale la scelta viene affidata al privato in una logica di improvvisazione ed emergenza.
“Un’autorizzazione che va bloccata - dichiara Bertucco – perchè l’area individuata per realizzare l’impianto non risponde alle caratteristiche indicate a chiare lettere dall’articolo 11 della legge regionale 3 del 2000, dove si sottolinea la necessità di smaltire i rifiuti speciali e anche pericolosi in luoghi prossimi a quelli di produzione e vicini a linee ferroviarie: tutte condizioni che a Roverchiara non sussistono. E in gioco c’è pure l’equilibrio idrogeologico della zona, vista la presenza di una falda in superficie utilizzata per l’irrigazione e dunque il rischio concreto di distruzione della fauna presente in 14 laghetti nelle vicinanze della progettata discarica”.
Ad oggi solo 13 Regioni, alle quali era stato dato compito di stabilire, entro 180 giorni, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, hanno approvato un Piano Regionale Amianto. Due (Puglia e Molise) non l’hanno ancora fatto mentre in Abruzzo è in corso di approvazione. Di altre 3 regioni (Calabria, Marche, Veneto) e la provincia Autonoma di Bolzano non si ha notizia. Il Veneto come ricordato ha approvato nel 1996 solo le linee guida. E anche laddove il piano esiste, le azioni che lo dovrebbero seguire, come la mappatura dei manufatti contaminati, non arrivano e si rimane alle stime del CNR e dell’Ispesl che parlano di 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, che prendono in considerazione però solo le onduline di cemento amianto.
Eppure a causa dell’amianto si continua a morire e secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l’Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell’apparato respiratorio strettamente connesso all’inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70% delle volte è stata professionale. Nessuna regione è esclusa e tra le regioni più colpite ci sono il Piemonte (1.963 casi di mesotelioma maligno), la Liguria (1.246), la Lombardia (1.025), l’Emilia-Romagna (1.007) e il Veneto (856). Nonostante la situazione sanitaria sia molto preoccupante, gli interventi da parte dello Stato prima e delle Regioni poi tardano ad arrivare.
Alla vigilia della giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto Legambiente torna a lanciare l’allarme sui rischi dovuti all’elevata presenza di materiali contaminati su tutto il territorio nazionale e a denunciare il clamoroso ritardo sugli interventi di risanamento e bonifica delle strutture in cui è presente la fibra killer.
I dati sono contenuti nel Rapporto “I ritardi dei Piani regionali per la bonifica dell’amianto” che l’associazione ha presentato oggi.
La ricerca, che indaga lo stato dell’arte a livello regionale, aggiorna la situazione fotografata da Legambiente nel novembre scorso quando, per l’apertura della Conferenza nazionale sull’amianto, l’associazione presentò i dati relativi ai grandi siti industriali in cui l’amianto si estraeva o si lavorava.
Come allora anche per i Piani Regionali Amianto il quadro che emerge non è confortante ed è purtroppo parziale visto che il censimento è ancora in corso in gran parte delle Regioni e solo 5 (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all’amianto presente negli edifici privati. Sommando le informazioni, risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto e i quantitativi indicati solo da 11 Regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600mila metri cubi di amianto friabile.
Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di risanamento i ritardi registrati per i grandi siti nazionali si amplificano se si guarda ai piccoli interventi che sarebbero necessari a rimuovere l’amianto dalle strutture in cui è ancora presente. Va evidenziata solo l’esperienza del Piemonte – che sta svolgendo un’intensa attività di bonifica, soprattutto nei Comuni che ricadono all’interno del Sito di interesse nazionale di Casale Monferrato – e della Lombardia, dove ad oggi sono stati bonificati oltre 400mila metri cubi di onduline in cemento-amianto e gli edifici “risanati” rappresentano il 18,5% del totale censito.
“E’ evidente che nonostante la gravità del problema – dichiara Michele Bertucco, presidente di Legambiente Veneto – sulla questione amianto permane un pericoloso immobilismo dello Stato così come della Regione Veneto che espone la popolazione a un rischio per la salute all’apparenza meno evidente ma molto insidioso, perché di amianto ce n’è molto e in posti che tanti non sospetterebbero nemmeno. Per questo oltre che una corretta informazione alla popolazione è quanto mai urgente investire risorse pubbliche che permettano di avviare e portare avanti gli interventi di risanamento e pianificare la realizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei materiali, problema questo che in molti casi ostacola la bonifica e fa lievitare i costi”.
La mancanza di impianti di smaltimento adeguati per i materiali contaminati da amianto, infatti, fa sì che le fibre rimosse debbano essere spedite da altre parti, anche all’estero come in Germania o in Austria. Ad oggi le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia (esaurita nel marzo 2009), Abruzzo (in istruttoria per la riapertura), Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha 2, il Piemonte 3, la Toscana e la Sardegna 4, ma tutti i casi le capacità residue sono comunque molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali contenenti amianto ancora presenti sul territorio.
Per supportare il lungo percorso che l’Italia deve ancora fare per risolvere il problema amianto Legambiente torna a fare la sua parte con “Liberi dall’amianto”, una campagna di informazione e formazione, svolta in collaborazione con l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, sui rischi derivanti dall’esposizione alle fibre di amianto per indicare le regole di comportamento quando si ha a che fare con strutture contaminate.
Al tempo stesso l’associazione chiede anche al Governo di garantire una continuità di risorse economiche per le analisi epidemiologiche necessarie a monitorare gli effetti sanitari del problema amianto. E al Ministero dell’Ambiente di mettere in campo gli strumenti e le risorse necessarie a completare quanto prima, attraverso i censimenti regionali, la mappatura nazionale iniziata nel 2003. Secondo l’associazione poi la Regione Veneto dovrebbero procedere ad una capillare mappatura delle strutture interessate, per stabilire le priorità di intervento, prevedere le risorse economiche necessarie per facilitare la bonifica delle strutture contaminate di proprietà dei Comuni e dei cittadini e pianificare la realizzazione di una impiantistica di trattamento e smaltimento coinvolgendo il più possibile la popolazione nel processo decisionale.
“Solo cambiando l’approccio dimostrato fino ad oggi nella lotta all’amianto – ha concluso Bertucco – in Veneto sarà possibile quella svolta auspicabile e quanto mai necessaria anche alla luce delle evidenze sanitarie in chi lo ha purtroppo inalato. Sta al Governo centrale e alle Regioni dimostrare con atti concreti che questo è un obiettivo condiviso. Finora non è stato così”.
Rovigo, 27 aprile 2010
LEGAMBIENTE VENETO
Il dossier di Legambiente è disponibile su www.legambiente.it