Campagna Biometano Fatto Bene – Per il Veneto Rinnovabile
Il biometano svolge un ruolo cruciale nella transizione verso fonti di energia più sostenibili e nel contrasto al cambiamento climatico. Le sue caratteristiche positive includono la possibilità di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, contribuire all’economia circolare attraverso il riciclo di materia organica, e diminuire le emissioni inquinanti.
Le applicazioni della tecnologia per la produzione di biometano nell’agricoltura e negli allevamenti sono ormai consolidate ed efficienti. La produzione di biogas da rifiuti organici e deiezioni animali non solo fornisce una fonte di energia rinnovabile ma riduce anche il rischio di inquinamento ambientale associato alla distribuzione e stoccaggio delle deiezioni animali, soprattutto nelle aree dove si coltiva in modo intensivo. Inoltre, il digestato prodotto durante il processo può essere utilizzato come fertilizzante organico, migliorando la fertilità del suolo.
Lo sviluppo di impianti per la produzione di biometano a livello globale sta progressivamente aumentando in Unione Europea, Nord America, Cina ed Africa, proprio perchè è una delle strategie più importanti per contribuire alla transizione verso un’economia circolare agricola a basse emissioni di carbonio, alla promozione di pratiche sostenibili nel settore agricolo e per la diversificazione delle fonti energetiche per aumentare la sicurezza energetica.
È fondamentale, tuttavia, sviluppare e implementare queste tecnologie con criteri chiari di sostenibilità, assicurandosi che l’intero processo, dalla produzione alla gestione dei sottoprodotti, rispetti gli standard ambientali e sociali.
Cosa significa “Biometano fatto Bene”?
Il vademecum di Legambiente: quali sono secondo l’associazione le caratteristiche e le condizioni necessarie per considerare un impianto di Biometano fatto bene.
1. L’importanza della dieta, cioè con cosa alimentiamo un impianto “fatto bene”?
La produzione di biometano attraverso la digestione anaerobica è processo utile in quanto valorizza gli scarti organici, che altrimenti rimarrebbero dispersi in ambiente, catturando la CO2, riducendo le emissioni odorigene, riducendo l’inquinamento in atmosfera e producendo sottoprodotti utili alla fertilità della terra.
Quindi gli impianti, oltre che a produrre biometano, devono essere in grado di “alimentarsi” con gli scarti e i rifiuti che altrimenti andrebbero ad impattare fortemente sull’ecosistema umano e naturale. Ecco perché è importante parlare di “dieta fatta bene”, che deve essere composta da residui dell’agroindustria, sottoprodotti, secondi raccolti e rifiuti organici ma che non deve contenere prodotti agricoli coltivati ad hoc.
Ecco una breve lista della buona dieta:
Scarti della produzione agricola: materie fecali come reflui degli allevamenti animali, i materiali vegetali residui di coltivazione, sfalci e potature , secondi e terzi raccolti
Rifiuti organici: scarti organici, sottoprodotti delle aziende agricole e agro industriali, sottoprodotti derivanti dalla trasformazione industriale delle produzioni vegetali e animali.
2. Il contesto in cui sorge l’impianto
Una rilevanza fondamentale è data dalla localizzazione dell’impianto. Che dovrà insistere in un’area dove esistano gli scarti e i sottoprodotti nell’arco di pochi chilometri e in quantità adeguate alla capacità di gestione dell’impianto stesso ed in un territorio che possa ricevere le quantità di digestato prodotte. Le quantità presenti e ricevibili dal territorio sono quelle che devono definire la taglia dell’impianto e non il viceversa (cioè la taglia definisce il territorio e non la dimensione dell’impianto che definisce l’ampiezza del raggio di azione).
Legambiente auspica che attorno all’impianto si creino realtà consortili di allevatori e agricoltori, in modo da poter gestire la materia organica in modo armonioso, collaborativo ed efficiente.Dove possibile, si auspica l’utilizzo di spazi già cementificati o vecchi impianti, per evitare il consumo di suolo ed ulteriori cementificazioni
3. Collaborazione con il territorio
Nel momento dell’ideazione, della progettazione e della localizzazione di un nuovo impianto è essenziale interagire con il territorio e la comunità che lo ospiterà, garantendo partecipazione e trasparenza sulla tecnologia utilizzata e la strategia di gestione.
La partecipazione è di fondamentale importanza per comprendere quali benefici l’impianto può dare alla comunità e come questo si possa integrare nel territorio.
Legambiente inoltre auspica l’attivazione di organi di verifica e controllo volontari e di percorsi di sensibilizzazione verso le nuove generazioni.
4. La corretta gestione e manutenzione dell’impianto
L’impianto deve garantire azioni utili alla prevenzione e riduzione di emissioni odorigene spiacevoli.
Vasche coperte e spazi chiusi dotati di filtri o camere stagne per lo stoccaggio delle deiezioni e scarti conferiti. Pulizia dei mezzi in entrata e uscita, pulizia di piazzali e spazi all’aperto dell’impianto. Così, tutto il materiale organico, quello che effettivamente può essere maleodorante, viene eliminato.
Legambiente auspica la creazione da parte dei gestori dell’impianto di organismi di controllo e confronto col territorio volontari, che vedano i cittadini e le amministrazioni locali coinvolte e partecipi e proattive nel verificare il funzionamento dell’impianto, delle matrici trattate e proponendo eventuali migliorie sugli impatti che questo potrebbe avere in fase di esercizio.
5. La distribuzione del digestato Fatto Bene
Il digestato (liquido e solido) rappresenta una delle matrici di uscita dall’impianto di digestione anaerobica. Una volta stoccato deve essere poi distribuito e gestito in modo opportuno secondo una pianificazione agronomica sostenibile. È fondamentale che il digestato venga re-distribuito nei campi del territorio con sistemi che prevedono l’interramento di questo e non lo spargimento superficiale, ovvero implementando strategie e tecnologie che permettano la distribuzione a bande a solco aperto o chiuso, iniezioni nel suolo e la distribuzione nei periodi consentiti (vedi direttiva Nitrati), di massima efficienza agronomica e in fase vegetativa, così i nutrienti vengono assorbiti dalle radici delle piante. Questo garantisce un bilancio carbon – negative.
6. Estrazione della CO2
Un impianto” fatto bene” deve prevedere il recupero e l’estrazione dell’anidride carbonica attraverso il processo di upgrading. Recuperarla significa diminuire le emissioni di CO2 in atmosfera.
7. Ricerca, Sviluppo e BAT ( Migliori Tecnologie Disponibili)
Ogni impianto dovrà investire su ricerca ed innovazione per garantire performance tecnologiche di qualità, incrementare la sostenibilità ambientale al fine di ridurre le emissioni inquinanti e l’ottimizzazione dell’uso materie prime e il riutilizzo delle materie prime secondarie
GLOSSARIO DEL BIOMETANO FATTO BENE
BIOGAS Gas naturale che deriva dalla digestione anaerobica all’interno di appositi impianti. È una miscela formata per la maggior parte da metano (CH4) e anidride carbonica (CO2); il residuo è il digestato, un materiale ricco di azoto, fosforo e potassio.
BIOMETANO Gas ottenuto purificando il biogas grezzo ed eseguendo l’upgrading. Con apposito processo di raffreddamento lo si può portare allo stato liquido per facilitarne il trasporto. Il biometano ha qualità analoga al metano da fonte fossile. Può essere perciò utilizzato come carburante per l’autotrazione, immesso nella rete di distribuzione o impiegato per produrre energia termica ed elettrica.
DIGESTATO Ottimo fertilizzante ricco di azoto e fosforo, disponibile sia in forma liquida che sotto forma di terriccio. È un prodotto organico della digestione anaerobica.
DIGESTIONE ANAEROBICA Processo biologico di degradazione organica che avviene in assenza di ossigeno in un ambiente caldo e chiuso. Questo processo avviene grazie ai batteri naturalmente presenti che degradano la sostanza organica (biomassa) e producono gas. Questo gas è composto da metano, anidride carbonica e, in minime quantità, idrogeno e azoto.
DIGESTORE È il cuore dell’impianto che produce biogas. Dentro questi “cupoloni” avviene infatti la digestione anaerobica, in assenza d’aria e a temperatura costante.
EMISSIONI ZERO Il raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento del carbonio (situazione “carbon neutral”).
SECONDO RACCOLTO I secondi raccolti riguardano colture, come il triticale prima della soia o il sorgo dopo il frumento, che sono successive rispetto alla coltura principale destinata all’alimentazione umana e animale. Si utilizza cioè il terreno in un periodo dell’anno in cui esso non è coltivato. Il secondo raccolto, avendo una coltura attiva, garantisce l’utilizzo continuo delle risorse del suolo e perciò evita che l’azoto e gli altri nutrienti finiscano nelle falde e nei fiumi.
UPGRADING Purificazione del biogas per ottenere biometano. Questo processo sottrae al biogas l’anidride carbonica, che può essere catturata e utilizzata per fini industriali e alimentari (bibite gassate).
FAKE NEWS
Gli impianti di biogas e biometano inquinano. FALSO!
I processi di digestione anaerobica, non solo non inquinano, ma riducono del 90% le emissioni di CO2, metano, azoto e ammoniaca rispetto all’abituale stoccaggio di effluenti zootecnici in vasche aperte. Gli impianti di digestione anaerobica aiutano ad abbattere le polveri sottili, di cui l’ammoniaca è precursore.
La produzione di biogas produce puzze. FALSO!
La lavorazione della materia prima, svolgendosi al coperto in vasche di stoccaggio e digestori, non emette odori sgradevoli. Il digestato ottenuto, sia liquido che solido, ha un potenziale odorigeno di molto inferiore ai liquami e letami da cui viene ricavato. Il processo per produrlo abbatte infatti di oltre il 90% le sostanze responsabili della “puzze” che sono proprie della materia non trattata.
Gli impianti di biometano usano mais e altre colture nobili. FALSO!
Gli impianti di “biometano fatto bene” utilizzano deiezioni di animali da allevamento, scarti della produzione agro-industriale e prodotti agricoli provenienti dai secondi raccolti (cioè raccolti aggiuntivi che nulla tolgono all’alimentazione umana e degli animali).
Gli impianti di digestione producono batteri, in particolare quelli che provocano botulismo e tetano. FALSO!
Tutti gli studi scientifici mostrano che la digestione anaerobica non incrementa la flora batterica rispetto al refluo non trattato. La letteratura scientifica è ampiamente concorde nel ritenere che il processo di digestione anaerobica abbatte il contenuto della maggior parte dei batteri nocivi per l’uomo.
Il digestato inquina le falde. FALSO!
Il digestato è un fertilizzante organico ottenuto mediante un processo naturale, lo stesso che avviene nello stomaco dei bovini. La sua qualità lo rende una valida alternativa ai prodotti chimici sui campi. Il digestato preserva la falda anche sotto un altro aspetto: il trattamento di digestione anaerobica elimina quelle sostanze – ammoniaca, nitrati – che in concentrazione eccessiva sono nocive per le falde acquifere.
La campagna Biometano Fatto Bene è sostenuta da FemoGas, impresa veneta in prima linea a livello nazionale sul fronte della sostenibilità. FemoGas produce fertilizzante organico e carburanti non fossili, entrambi ottenuti esclusivamente da reflui zootecnici, scarti agricoli e secondi raccolti. L’azienda è impegnata nella divulgazione, anche con le scuole, di temi legati all’economia circolare e alla transizione ecologica; per questo organizza annualmente il Festival del Biometano.
Fonti
Position Paper Legambiente nazionale sul Biometano
CIB (Consorzio Italiano Biogas)
Per approfondire il tema dell’agricoltura sostenibile Farming For Future